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 2000  ottobre 18 Mercoledì calendario

Jacqueline Kennedy era «una cinica, un’ingorda, un’arrampicatrice, una manipolatrice di uomini: una Hillary Clinton pre-femminista in filo di perle, voce civettuola e Chanel, che accettò per ambizione le umiliazioni e le sofferenze inflitte da un marito che non l’amò davvero mai»

Jacqueline Kennedy era «una cinica, un’ingorda, un’arrampicatrice, una manipolatrice di uomini: una Hillary Clinton pre-femminista in filo di perle, voce civettuola e Chanel, che accettò per ambizione le umiliazioni e le sofferenze inflitte da un marito che non l’amò davvero mai». Secondo Sarah Bedford, autrice della biografia America’s Queen, a formare la sua personalità fu «una primordiale, paralizzante paura della miseria, inculcatale dalla madre». Terrorizzata dall’idea di restar senza un dollaro, fece dei soldi «il faro della sua vita» e divenne abilissima nell’arte di sedurre gli uomini fingendosi più stupida di loro. «Cambiava la voce, trasformandola in un sussurro civettuolo, spalancava gli occhioni in faccia alla sua preda, fingendosi rapita alle parole dell’uomo che le stava davanti». I maschi la trovavano irresistibile. Applicò il suo metodo anche su John Kennedy, allora senatore del Massachussetts. Lo corteggiò per mesi, con calcolata adorazione. Pur di mostrare quant’era devota, arrivò a tradurgli dal francese sei libri sull’Indocina per aiutarlo a preparare un discorso politico. Lusingato e parimenti gelido, John la chiese in moglie senza esserne innamorato («Non ho mai amato davvero nessuna donna, ma sono stato abbastanza interessato a un paio, tra cui mia moglie»). Poco prima delle nozze, il padre di lei, Black Jack Bouvier, usò tutta la sua sensibilità per spiegargli come andava trattata: «Mia figlia adora cavalcare. Se ti crea dei problemi, mettila su un cavallo e si calma». John dimostrò d’aver inteso fregandosene di nascondere alla moglie il viavai delle sue amanti: una l’assunse pure come segretaria privata di lei, «tanto per averle sotto mano tutte e due». Dopo qualche anno, forse umiliata da qualche flirt vagamente serio del marito, o forse stufa per la «sfacciata volgarità» con cui la tradiva, Jackie si mise in testa il divorzio. A dissuaderla fu il patriarca Joseph Kennedy: paziente, le spiegò che il figlio era destinato alla Casa Bianca, che lei sarebbe divenuta la First Lady e che un divorzio avrebbe rovinato tutto. Poi le offrì un milione di dollari. «E perché non dieci? Valgo così poco?». La proposta risultò tuttavia allettante: dopo tre mesi, Jackie era incinta della prima figlia e John faceva il padre felice. Costruito e alimentato di cinismo e apparenze, il loro matrimonio divenne vero e profondo subito dopo la morte di John. Solo allora Jacqueline scoprì quanto avesse amato il marito, quanto le mancassero «i pochi momenti buoni con lui». Disperata e poi gravemente depressa per la perdita del suo Kennedy, l’inconsolabile vedova scoprì con gioia di averne un altro a disposizione: Bobby, fratello di John. Lui fu bravissimo a tirarla su: finirono a letto dopo pochi mesi. In famiglia, nessuno fece obiezioni.