8 marzo 2001
Faioli Gabriele, di anni 35, operaio nello stabilimento Barilla di Cremona, arrotondava lo stipendio facendo il buttafuori per l’amico Farabegoli Simone, di anni 25, due metri d’altezza per 250 chili, titolare di un’agenzia di security a Monticelli d’Ongina, Piacenza
Faioli Gabriele, di anni 35, operaio nello stabilimento Barilla di Cremona, arrotondava lo stipendio facendo il buttafuori per l’amico Farabegoli Simone, di anni 25, due metri d’altezza per 250 chili, titolare di un’agenzia di security a Monticelli d’Ongina, Piacenza. Da qualche tempo il Faioli aveva un tresca con Manisi Rosaria detta Rosy, di anni 33. Lei, minuta e bionda di meches, originaria di Taranto, un figlio di 11 anni, lavorava nell’avviata pescheria dell’ex marito, Caldara Mario, di anni 35, un tipo violento con un passato da guardia giurata, originario di Catanzaro. Anche se erano separati, il Caldara non tollerava che lei avesse altri amanti e le faceva scenate in continuazione. Lunedì sera, come d’abitudine, la Manisi se ne andò a cena dalla cugina, Salinaro Marilena, di anni 24, al secondo piano di una stinta palazzina nel quartiere artigiano di Fiorenzuola D’Adda. Portò con sé anche il Farabegoli e il Faioli. Intorno alle 10 e 30, mentre sorseggiavano il caffè, suonò alla porta il Caldara, smanioso. La Salinaro non voleva farlo entrare. S’affacciò sul pianerottolo il Farabegoli, per convincerlo a non scocciare: quello gli sparò al torace. Entrato in salotto, fece secco il Faioli con cinque proiettili. Il sesto centrò l’ascella destra del Farabegoli, che ancora si dimenava. Poi, il caricatore scivolò a terra: il Caldara era così preso che non se ne accorse. Premette il grilletto varie volte. Quando comprese ch’era inutile insistere, tramortì la Salinaro e la Manisi col calcio della pistola e scappò. Prima s’allontanò sul suo furgone da pescivendolo, poi su una Rover 620. L’abbandonò sull’autostrada, si fece caricare da un camionista. Arrivò alla stazione di Orte, provincia di Viterbo: da lì, un treno per Napoli, dove prese un taxi fino a Sant’Anastasia, un paesino nell’entroterra campano. Si fermò a un bar del centro e lì fu beccato dalla polizia che l’aveva sempre seguito perché lui continuava a chiamare i suoi amichetti col cellulare.