8 marzo 2001
Granata Nadia, di anni 45. Romana, minuta, occhi verdi, al mattino aiutava in una mensa scolastica, al pomeriggio faceva la domestica a ore
Granata Nadia, di anni 45. Romana, minuta, occhi verdi, al mattino aiutava in una mensa scolastica, al pomeriggio faceva la domestica a ore. Una casa di 60 metri quadri dove viveva col dobermann, Terry, e uno dei due figli, Alberto, di anni 20, sospeso dal servizio militare per un esaurimento nervoso. Ogni domenica faceva visita al marito, Vetrano Enrico, di anni 47, stempiato, in carcere da anni per spaccio e associazione a delinquere. L’altro figlio, Emanuele, di anni 23, stufo di sentir le urla dei suoi, era fuggito a Brescia a fare il manovale. Da parecchio tempo il Vetrano s’era messo in testa che la Granata non doveva lavorare, perché ciò le offriva l’occasione di far nuovi incontri e liberarsi di lui. Lunedì scorso il Vetrano ebbe in premio una giornata di permesso e andò a farsi una lunga passeggiata con la moglie e il cane. Tornò in casa verso le 19. La Granata prese il cellulare e si mise a chiacchierare con la sorella. Il Vetrano trovò che stava troppo al telefono: andò in cucina, prese tre coltelli e le trapassò il ventre e la gola. Alberto, dopo aver assistito alla scena, uscì fuori a cercar soccorso. All’ottavo piano di una palazzina popolare a Tor Bella Monaca, periferia di Roma.