12 marzo 2001
Modo in cui martedì 19 novembre, alle ore 21.30, il carabiniere Alfredo Valente, di anni 33, di servizio a Formia (Latina), uccise sei persone
Modo in cui martedì 19 novembre, alle ore 21.30, il carabiniere Alfredo Valente, di anni 33, di servizio a Formia (Latina), uccise sei persone. Essendo venuta ad aprirgli la porta la moglie Genny, attese che si girasse per imboccare il corridoio e le sparò vari colpi alla schiena, In cucina c’era il cognato Luigi, di anni 39, al rumore delle esplosioni s’era alzato, Valente trovandoselo di fronte gli sparò senz’altro in faccia svariate volte, poi vide che la tavola era ingombre di stoviglie e che fra la tavola e la cucina a gas stavano i due suoceri, genitori della morta che giaceva in corridoio, ultrasettantenni, con le mani in altro e la bocca spalancata, sparò pure a loro, sentì quindi le urla, era la cognata Franca di anni 39, moglie del già ammazzato Luigi, Valente s’era portato un caricatore di riserva e aveva munizioni in abbondanza, la freddò dunque facilmente. Erano rimasti tre bambini, una Alessandra figlia sua e altri due Fabiana e Matteo, figli dei due morti. Intimò loro di vestirsi e seguirlo, ma Fabiana si mise a piangere e si gettò sul corpo della madre, chiedendo in lacrime che resuscitasse. Valente aveva ancora due colpi in canna - avendone esplosi fino ad allora 22 su 24 - puntò perciò la pistola alla tempia della nipote undicenne e sparò. Consegnatosi la mattina ai carabinieri di Concesio provincia di Brescia, spiegò che la moglie voleva separarsi e che lui aveva sperato di salvare l’unità della famiglia. Chiese che lo lasciassero andare e che poi, con la scusa della tentata fuga, gli sparassero alla schiena.