Indro Montanelli, Corriere della Sera, 06/01/2001., 6 gennaio 2001
Secondo Svetonio e Plutarco, Giulio Cesare, non bello ma virile, occhi neri, bocca arcuata e amara, rughe dritte e scavate a incorniciarla, labbro inferiore sporgente, passava ore ogni mattina ad accomodarsi i pochi capelli tirandoli dalla nuca alla fronte
Secondo Svetonio e Plutarco, Giulio Cesare, non bello ma virile, occhi neri, bocca arcuata e amara, rughe dritte e scavate a incorniciarla, labbro inferiore sporgente, passava ore ogni mattina ad accomodarsi i pochi capelli tirandoli dalla nuca alla fronte. Bisessuale, era definito dall’amico Curione ”il marito di tutte le mogli, la moglie di tutti i mariti”. Trattava le donne con disinvoltura: si sposò più volte, per nome o per dote, ripudiando la moglie di turno quando non serviva più. Tra le sue amanti, Servilia, sorellastra del nemico Catone. Lei gli fu assai devota: quando capì di non suscitare più interesse, gli mise nel letto sua figlia Terzia come rimpiazzo. Ogni volta che tornava a Roma dopo le battaglie, i soldati che lo portavano in trionfo per le strade gridavano alla gente affacciata alla finestra: «Uomini, chiudete in casa le vostre donne: vi abbiamo riportato il moechus calvus, il puttaniere zuccapelata».