Carlo Fruttero e Franco Lucentini, La Stampa, 09/02/2001, 9 febbraio 2001
Se si espunge dalla storia, com’è necessario e doveroso in simili casi, la straziante realtà, dolore, disperazione, umana abiezione, se si guarda soltanto alla superficie narrativa del mistero, non c’è dubbio che si tratti di un mistero di buon livello, nonché forse del genere di mistero preferito dai lettori
Se si espunge dalla storia, com’è necessario e doveroso in simili casi, la straziante realtà, dolore, disperazione, umana abiezione, se si guarda soltanto alla superficie narrativa del mistero, non c’è dubbio che si tratti di un mistero di buon livello, nonché forse del genere di mistero preferito dai lettori. Perché va osservato anzitutto che questa è una storia da leggere, non da seguire in tv, dove poche immagini ricorrono pressoché uguali da un giorno all’altro. Non è senza significato che molti quotidiani abbiano fatto ricorso alle piantine schematiche in uso ai tempi di John Dickson Carr e dei suoi delitti ”della camera chiusa”: il vestibolo, la porta-finestra, la terrazza, lo strapiombo... Badate, questo è un ”giallo”, sembrano suggerire, anche se l’eccitante colore si applica oggi a qualsiasi cosa, una pallonata in faccia all’arbitro, un mancato incontro tra due sottosegretari.