Carlo Fruttero e Franco Lucentini, La Stampa, 09/02/2001, 9 febbraio 2001
La vittima non poteva non essere una contessa, vedova di un conte senza antenati alle Crociate, nobilitato per meriti industriali, con un cognome che nessuno sembra sapere come vada pronunciato, àgusta, o agùsta
La vittima non poteva non essere una contessa, vedova di un conte senza antenati alle Crociate, nobilitato per meriti industriali, con un cognome che nessuno sembra sapere come vada pronunciato, àgusta, o agùsta. Fabbricava e piazzava elicotteri in mezzo mondo, si presume di buona qualità, e bussava alla porta dei possibili acquirenti in compagnia di un vero principe di stirpe reale, Vittorio Emanuele di Savoia, prezioso per i ”contatti”. Ma qui si apre un subplot nella direzione piuttosto di Le Carré, ci furono scandali politici, tangenti, ricatti, l’omicidio di un eminente socialista belga. Il conte nel frattempo incontra la bellissima indossatrice (secondo altri commessa di boutique). vedovo, ha un figlio di primo letto, e si innamora irresistibilmente di questa creatura incendiaria, estroversa, spiritosa, sboccata, esuberante in tutto. Sempre libera degg’io: l’incarnazione della vitalità spensierata e instancabile di Violetta e delle demi-mondaines registrate in ogni tempo e in ogni tipo di società abbiente. «Il minor difetto di una donna galante», scriveva La Rochefoucauld, «è di essere galante», con ciò alludendo agli eccessi non dentro ma fuori dall’alcova che di solito le si accompagnano, troppo belletto, troppi vestiti, voce troppa alta, troppi capricci, ospiti, viaggi, scenate, troppo feu au derrière.