Carlo Fruttero e Franco Lucentini, La Stampa, 09/02/2001, 9 febbraio 2001
La contessa è invecchiata, sfiorita, la sua gloria è tramontata per sempre e lei lo sa. Ha già tentato il suicidio in Messico due o tre volte
La contessa è invecchiata, sfiorita, la sua gloria è tramontata per sempre e lei lo sa. Ha già tentato il suicidio in Messico due o tre volte. Beve, prende psicofarmaci, forse si droga. Ha improvvise euforie, crisi depressive abissali, passa di stanza in stanza in silenzio o scoppiando in lacrime o in confuse recriminazioni. una donna fragilissima e disperata, che telefona molto, si chiude a volte in un armadio col cellulare, rinfaccia tutto a tutti, invoca la morte, minaccia di farla finita, nessuno la sa o la può confortare. Siamo alla contessa Anna Karenina (morfinomane, ai tempi libertari dello zar), a quelle sue ultime ore erratiche e monologanti in cui ogni minima cosa, persona, foglia, gelato, le appare insopportabilmente orrendo. Tolstoj addirittura? Ma nessuno come lui ha rappresentato la corsa mentale verso il suicidio, un convulso inabissamento di pari tragicità a Mosca o a Portofino, sotto un treno o ai piedi di una scogliera.