Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2001  marzo 13 Martedì calendario

Pasimeni Luigi, di anni 60. Docente di Chimica all’Università di Padova, originario di Mesagne, Brindisi

Pasimeni Luigi, di anni 60. Docente di Chimica all’Università di Padova, originario di Mesagne, Brindisi. Vedovo dall’88, un secondo matrimonio con un’avvocatessa di Lecce che andava spesso a trovare, due figli, Emanuela, di anni 25, laureanda in Legge, e Paolo, di anni 23, studente di Chimica in ritardo con gli esami. Gentile e disponibile con i suoi studenti, il Pasimeni era assai severo ed esigente con i figli: programmava i loro esami, li tormentava ch’erano dei falliti, non era mai soddisfatto. Qualche tempo fa Emanuela aveva tentato il suicidio perché aveva millantato d’aver finito gli esami ed era stata beccata. Quasi ogni domenica il Pasimeni costringeva Paolo a seguirlo all’Università per controllare che studiasse. L’11 febbraio, come di consuetudine, lo depositò nella biblioteca del Dipartimento, primo piano, accanto al suo studio. Intorno alle 20 Paolo andò a parlargli di un certo esame: lui aveva detto d’averlo superato, in segreteria l’accusavano invece d’aver falsificato lo statino. A sentir la storia, il Pasimeni andò in bestia. Tentò di dare uno schiaffo al figlio, che gli rispose con un pugno in faccia. Il Pasimeni cadde all’indietro, sbatté la nuca allo spigolo di una bacheca e perse i sensi. Paolo trasportò il corpo fino al bagno, forse per medicarlo. Una volta lì, però, acchiappò una scopa col manico di ferro e l’accoppò. Telefonò alla sorella per dirle che il padre era partito improvvisamente per Messina. Inquieto, vagò poi un paio d’ore per l’università. Alla fine gli cadde l’occhio su una carriola abbandonata dai muratori che stavano restaurando il museo di Storia Naturale. La spinse fino alla porta di servizio del Dipartimento. Tornò in bagno, trascinò il cadavere fino al pianoterra e ce lo caricò sopra. Sistemò corpo e carriola in un angolo del giardinetto di Farmacologia, ci versò due flaconi d’acido a base alcolica che aveva acchiappato al volo in un laboratorio di Chimica e gli dette fuoco.