13 marzo 2001
T. Monica, di anni 16. Capelli lunghi e occhi marroni, bella, posata, viveva a Sant’Eusebio, Cinisello (Milano), insieme alla madre, casalinga, al padre, muratore, e due sorelle più piccole
T. Monica, di anni 16. Capelli lunghi e occhi marroni, bella, posata, viveva a Sant’Eusebio, Cinisello (Milano), insieme alla madre, casalinga, al padre, muratore, e due sorelle più piccole. Bravissima a scuola, frequentava il terzo anno dell’istituto magistrale ”Erasmo da Rotterdam” di Sesto San Giovanni. Prima dell’estate s’era messa con l’unico ragazzo della classe, G. Roberto, di anni 17, detto ”Pastina” dai genitori, magro, tranquillo, dimesso, secondogenito di un ex carabiniere, le mattine domenicali passate a giocare a calcio sul prato di fronte casa, bocciato una volta ma bravo a scuola. La loro storia era finita il 6 gennaio: lui l’aveva lasciata perché, diceva, ”era troppo seria”. Monica non ne aveva fatto un dramma. Da una settimana Roberto però aveva cambiato idea e la rivoleva. Alle 10 e 50 di lunedì mattina, uscendo dalla classe per far ricreazione, la sentì che parlava di un tizio con cui era uscita. S’ingelosì. Tornò indietro, prese il coltellino svizzero della sua amica Daniela, e la raggiunse nel cortile della scuola. L’acchiappò per i capelli, raccolti a coda di cavallo, e la tirò a sé. Per spaventarla, le appoggiò la lama sulla gola e le recise la giugulare. Lei scivolò a terra facendogli cadere gli occhiali. Le diede un calcio e si mise a quattro zampe per cercarli. Li riappoggiò sul naso, entrò tranquillo nell’edificio e spaccò il vetro di un estintore con un pugno.