Fdor Dostoevskij, "Delitto e castigo", Einaudi, Torino., 14 marzo 2001
"Io volli uccidere senza tante casistiche, uccidere per me, per solo! Non per aiutare mia madre ho ucciso, sciochezze! Non ho ucciso per farmi, acquistata ricchezza e potenza, il benefattore dell’umanità
"Io volli uccidere senza tante casistiche, uccidere per me, per solo! Non per aiutare mia madre ho ucciso, sciochezze! Non ho ucciso per farmi, acquistata ricchezza e potenza, il benefattore dell’umanità. Sciocchezze! Ho ucciso semplicemente; per me stesso ho ucciso, per me solo, e che poi avrei beneficato qualcuno, o per la vita intera, come un ragno, avrei acchiappato tutti quanti nella mia ragnatela e a tutti avrei succhiato il sangue, questo a me, in quel momento, doveva essere indifferente! E non il denaro, soprattutto mi occorreva, quando ho ucciso; non tanto il denaro, quanto un’altra cosa. Avevo bisogno di sapere, e di sapere al più presto, se io fossi un pidocchio, come tutti, o un uomo. La vecchia è stata soltanto una malattia... io volevo al più presto scavalcare l’ostacolo... io non ho ucciso una persona io ho ucciso un principio! Il principio, sì l’ho ucciso, ma quanto a scavalcare, non ho scavalcato, son rimasto da questa parte... soltanto uccidere ho saputo. I socialisti si occupano della "felicità generale". Io non voglio aspettare la "felicità universale". Voglio vivere anch’io se no è meglio non vivere addirittura". (Raskòl’nikov).