Stefano Malatesta su la Repubblica del 13/3/2001 a pagina 43; anche Maurizio Cecchetti su Avvenire del 15/3/2001 a pagina 22., 13 marzo 2001
Nel 1715, Nikita Demidov, servo della gleba arricchitosi con le miniere degli Urali, si presentò alla corte di Pietro il Grande per omaggiare la regina fresca di parto
Nel 1715, Nikita Demidov, servo della gleba arricchitosi con le miniere degli Urali, si presentò alla corte di Pietro il Grande per omaggiare la regina fresca di parto. Portava con sé due regali: centomila rubli d’argento e un po’ di placche d’oro con fregi di animali. Demidov aveva acquistato i gioielli dai "bugrovsciki", i ladri di sepolcri che battevano le steppe tutto l’anno saccheggiando le tombe a tumulo ("kurgan") sparse nell’Asia centrale e settentrionale. I kurgan erano montagnole artificiali di pietre deposte sopra uno strato di terra (alte massimo cinque metri e del diametro di circa sessanta) che ricoprivano una tomba rettangolare (all’interno, una struttura lignea e il sarcofago con tutti gli arredi funebri). I "bugrovsciki" fondevano quasi tutti gli oggetti d’oro e d’argento, lasciando però intatti quelli dalle forme più curiose. Colpito dalla bellezza dei gioielli, Pietro li fece sistemare nella "Kunstkamera", che custodiva tutte le cose preziose dell’impero, ed emanò un decreto con cui obbligava Gagarin, governatore della Siberia, a conservare e spedire a Mosca «tutto ciò che fosse vecchio e inconsueto», ossia tutti i tesori provenienti dagli scavi dei "kurgan" (dove, secondo le leggende, riposavano da tempo immemorabile gli antichi guerrieri, vestiti con le loro armature d’oro, insieme con mogli, figli e cavalli).