Luciano Canfora sul Corriere della Sera del 15/03/2001 a pagina 35., 15 marzo 2001
«Nel Quaderno 12, Antonio Gramsci mostra, con buoni argomenti, quanto sia formativo e irrinunciabile lo studio delle lingue morte, proprio perché tali
«Nel Quaderno 12, Antonio Gramsci mostra, con buoni argomenti, quanto sia formativo e irrinunciabile lo studio delle lingue morte, proprio perché tali. Si studia il greco o il latino - scrive Gramsci - non certo "per fare i camerieri, gli interpreti, i corrispondent commerciali", bensì per "conoscere direttamente la civiltà dei due popoli, presupposto necessario della civiltà moderna, cioè per essere se stessi e conoscere se stessi consapevolmente". Lo studio delle lingue classiche ha inoltre - agli occhi di Gramsci - un altro pregio: è uno studio duro, che serve a "far contrarre abitudini di esattezza, di diligenza, di compostezza anche fisica, di concentrazione psichica su determinati soggetti che non si possono acquistare senza una ripetizione meccanica di atti disciplinati e metodici". E soggiunge che un adulto sarà capace di stare a tavolino "sedici ore di seguito" solo se "da bambino avrà assunto le abitudini appropriate, coattivamente, per coercizione meccanica". "Occorre premere su tutta l’area scolastica per riuscire a far emergere quelle migliaia o centinaia, e anche solo dozzine di studiosi di gran nerbo". Lo studio del latino gli appare fondamentale per la nostra scuola perché "l’italiano è latino moderno"».