Umberto Eco, L’Espresso, n. 44, 1996., 16 marzo 2001
Uno dice: ma il pettegolezzo sta proprio in questo, nel sapere che finalmente costoro (dei cui amori si è detto anche troppo) non si univano, ma sportivamente si fronteggiavano - e forse perché alla loro infanzia erano mancati proprio e piumacci all’antica e cavallucci a dondolo, e dopo tante traversie avevano realizzato il sogno segreto e tenerissimo che cova nel cuore di ogni peccatore per dovere sociale
Uno dice: ma il pettegolezzo sta proprio in questo, nel sapere che finalmente costoro (dei cui amori si è detto anche troppo) non si univano, ma sportivamente si fronteggiavano - e forse perché alla loro infanzia erano mancati proprio e piumacci all’antica e cavallucci a dondolo, e dopo tante traversie avevano realizzato il sogno segreto e tenerissimo che cova nel cuore di ogni peccatore per dovere sociale. Sì, questa ipotesi pare più ragionevole, ma allora perché non fare come i buoni italiani, e acquistare una rivista per famiglie dove si vede Prodi che sulla riviera adriatica spruzza acqua alla signora Flavia? No, no, questi lettori inglesi comperavano il "Sun", vedevano i due caracollare come cavalieri di re Artù, e cadevano in preda a satiriasi. Il popolo in cui buon re Enrico VIII cambiava una moglie per stagione e incaricava il boia delle pratiche di divorzio, il cui Bardo amava una Dark Lady che forse era un Dark Boy, dove è stata raccontata la carriera di un Libertino, che ha ispirato ai francesi la moda del "vice arglais", che ha celebrato i mangiatori d’oppio, che ha amato l’androgina Orlando, che ha visto un guardiacaccia indecentemente rotolare nel sottobosco con una Lady, che ha eletto l’omofilo quartiere di Bloomsbury a modello di cultura, il cui principe ereditario (almeno) trova ardite metafore ginecologiche per dichiarare il suo amore, ora si eccita per due guanciali sprimacciati in luogo (e neppure in vaso) indebito? E’ il crollo di un Impero.