Filippo Ceccarelli, La Stampa, 16/03/2001, pag. 25., 16 marzo 2001
La censura di Giulio Andreotti al film "Totò e i re di Roma". Il film di Steno e Monicelli (1952) è bocciato in prima istanza, perché offende il prestigio dei pubblici funzionari e il sentimento religioso
La censura di Giulio Andreotti al film "Totò e i re di Roma". Il film di Steno e Monicelli (1952) è bocciato in prima istanza, perché offende il prestigio dei pubblici funzionari e il sentimento religioso. Il produttore Amati, disperato, raggiunge Andreotti in vacanza a Montecatini e chiede aiuto. Istigato da altri produttori, Totò non vuole più lavorare. A questo punto Andreotti guida un complesso negoziato di «alleggerimento» dei testi. «Quel che nel film è irriverente in senso assoluto - scrive ai suoi funzionari - è la rassicurazione del Padre Eterno (nelle spoglie da colonello a riposo). Il resto passa, anche senza quella umoristica ribattezzatura in Olimpo dall’al di là dove vanno le anime dei morti». Si raggiunge un compromesso, sanzionato in un biglietto in cui il Sottosegretario garantisce: «L’ultima stesura è accettabile. A parte la censura, i produttori toglieranno l’accenno all’on. De Gasperi sostituendolo con una battuta su Bartali».