la Repubblica 2001, 26 marzo 2001
L’olandese William Mengelberg è stato uno dei più grandi direttori d’orchestra del Novecento. Amico dell’ebreo Gustav Mahler (che spesso ospitava a casa sua), non fece mai mistero delle sue simpatie per il nazismo e non si oppose alla deportazione di sedici orchestrali ebrei
L’olandese William Mengelberg è stato uno dei più grandi direttori d’orchestra del Novecento. Amico dell’ebreo Gustav Mahler (che spesso ospitava a casa sua), non fece mai mistero delle sue simpatie per il nazismo e non si oppose alla deportazione di sedici orchestrali ebrei. Esiliato in Svizzera con l’accusa di collaborazionismo, morì in Engadina nel 1951, a ottant’anni. Oltre a Mahler, Mengelbergh amava Beethoven e conosceva bene la musica di Ciaikovskij, anche grazie alla sua amicizia con il fratello del compositore, Modest (che gli aveva dato la partitura manoscritta della Patetica con le indicazioni originali dell’autore). Il direttore d’orchestra Riccardo Chailly: «Mengelbergh non era simpatico. Prepotentissimo. Personalità ardente e devastante. Capelli rosso fiamma, carattere tempestoso, non tollerava i dissensi. Si gettava con ferocia nelle prove e rifiutava i compromessi in fatto di perfezione tecnica. Era adorato dalle donne. Ebbe una moglie, nessun figlio e una corte di amanti. In Olanda era un monarca, la sua fama era pari a quella della famiglia reale». Si dice che fra Mengelberg e Toscanini non corresse buon sangue: «Fu un antagonismo legato al lavoro di entrambi con la Filarmonica di New York. Ma la rivalità si sviluppò su più versanti, incluso quello ideologico. Anche musicalmente Mengelberg era l’antitesi dell’antifascista Toscanini, emblema di rigore. Mengelberg, invece, della tradizione aveva un’idea tutta sua, prodiga di modifiche e manomissioni. Ma l’esito era potentissimo. La sua audacia, il suo fuoco, il suo ”forte sentire”, ne hanno fatto un gigante del secolo».