Paola Rocco, 26 marzo 2001
"E’ stato detto e scritto che la satira, per definizione, dovrebbe colpire soltanto il potere in carica
"E’ stato detto e scritto che la satira, per definizione, dovrebbe colpire soltanto il potere in carica. Ciò non è vero, da secoli. Dal Marziale dell’impero romano al Du Bellay dello Stato papalino, le frecciate spiritose hanno sempre colpito i non ortodossi, quelli che si vantavano troppo (come il ”Miles gloriosus”), quelli che non si rassegnavano alla propria condizione, dal ”Borghese gentiluomo” fino al protagonista commiserato di ”Tu vuo’ fa’ l’americano” di Renato Carosone. La satira, spesso, ha fatto un gioco sporco, aiutando i governi a mortificare gli oppositori o i dissidenti... E poi, certo, le prese in giro e perfino gli insulti furono ammortizzatori dell’invidia, quando i legionari erano autorizzati a sbeffeggiare il loro condottiero mentre trionfava. E quelle trasgressioni assomigliavano, in fondo, agli ammonimenti che bersagliavano il Papa nella gloria del suo trono: ”Ricordati che devi morire”. La satira, nella sua antica sostanza, è conservatrice, o addirittura reazionaria: essa combatte le novità, difende le tradizioni, incoraggia le rassegnazioni. Perché? Molto semplice. Perché, se vuoi far ridere, hai bisogno di un pubblico. E questo pubblico deve conoscere ciò di cui parli, deve condividere i tuoi argomenti, la tua cultura. La satira, dunque, può funzionare soltanto all’interno di un gruppo solidale e/o complice, che ti applaude, se gli dai ragione. Gli altri s’indignano (o cambiano canale) quando gli dai torto" (Giuliano Zincone).