Daria Egidi, 27 marzo 2001
I vertici della curia, alti prelati, funzionari vaticani e un perito sanitario hanno partecipato alla "ricognizione della salma" di Giovanni XXIII
I vertici della curia, alti prelati, funzionari vaticani e un perito sanitario hanno partecipato alla "ricognizione della salma" di Giovanni XXIII. Il corpo del papa era rinchiuso in tre casse: una di rovere, una di piombo, una di cipresso. Nella relazione stilata dai tecnici si legge: «Il corpo del Beato Pontefice è apparso coperto di veli di colore rosso scuro, sollevati i quali è apparso un lieve drappo di seta di color rosso che ne rivestiva il corpo. Rimosso quest’ultimo è apparso il corpo del Beato». I funzionari descrivono i paramenti pontificali e l’involucro di piombo che contiene la pergamena con l’atto di morte e i sacchetti con le medaglie e le monete coniate durante il regno di Papa Roncalli. Per la ricognizione del viso: «Il volto del venerato una volta liberato dal drappo che lo celava è apparso integro con gli occhi chiusi e la bocca semidischiusa, con i lineamenti tali da richiamare immediatamente la fisionomia dell’amato pontefice». Dopo la ricognizione, il corpo è stato cosparso di una sostanza antibatterica e chiuso di nuovo in una cassa sigillata rivestita di materiale plastico. La conservazione del volto del pontefice si deve all’opera degli imbalsamatori Arnaldo, Ernesto e Renato Signoracci: «Il nostro procedimento per imbalsamare una salma consisteva nell’estrazione del sangue (il principale responsabile della putrefazione) attraverso le vie arteriose, per mezzo di siringhe, e nell’iniezione di formalina in soluzione tra il 10 e il 30 per cento. Nel caso di papa Giovanni XXIII risultò molto difficoltosa l’estrazione del sangue, così come avvenne anche per Paolo VI e per papa Giovanni Paolo I. La stessa tecnica viene usata oggi dai figli degli imbalsamatori del pontefice, Angelo, Cesare e Massimo, che hanno mummificato più di cinquecento salme, tra cui re, ambasciatori, cardinali, politici, attori e protagonisti della cronaca. La tecnica, spiega Massimo Signoracci, «si basa essenzialmente sulla formalina, mescolata a formaldeide e metanolo, un gas lacrimogeno in soluzione acquosa, della stessa famiglia chimica del lisoformio. Una macchina peristaltica estrae il sangue e contemporaneamente inietta il liquido in tutte le vene e le arterie. la salma diventa dura come una statua». Secondo le ore di lavoro impiegate, un’imbalsamazione costa dalle cinquecentomila lire al milione.