Fiorella Minervino su La Stampa dell’1/04/01 a pagina 23., 2 aprile 2001
La collezione antiquaria di Stefano Borgia (1731 - 1804) cominciò dall’eredità dello zio Alessandro, arcivescovo di Fermo, con qualche antichità e un prezioso medagliere
La collezione antiquaria di Stefano Borgia (1731 - 1804) cominciò dall’eredità dello zio Alessandro, arcivescovo di Fermo, con qualche antichità e un prezioso medagliere. Poca cosa a confronto con quello che il Cardinale riuscì a raccogliere nel museo organizzato nel palazzo di Velletri, grazie anche al suo esser stato per lungo tempo Segretario di Propaganda Fidei, capo cioè dell’organismo centrale per la politica missionaria della Chiesa. Prima della spedizione di Champollion del 1798, Stefano Borgia riunì la più importante collezione di antichità egizie esistente; poi alimentò le collezioni greche, etrusche, romane, arabe, indiane, arricchendole inoltre con testimonianze dall’Oceania e dalle Americhe, inviategli in abbondanza dalle missioni cattoliche. Il Cardinale fu inoltre un appassionato bibliografo, conservò anche la lettera che Raffaello inviò allo zio Simone Ciarla, da Firenze a Urbino il 21 aprile del 1508, dove si legge con chiarezza "el vostro Raffaello dipintore". Tra le rarità più preziose della collezione anche una carta disegnata a china e acquerelli da Vittorio Ricci nel 1676, con la scritta "Terra Australia Quinta pars Orbis", cioè la carta dell’Oceania, cento anni prima di Cook; c’è poi un lungo rotolo di carta acquarellata su seta che racconta con colori e immagini l’intera Grande Muraglia Cinese allo scoccare del XVII secolo, esposta accanto ad asce delle isole Hawai e a un tamburo sciamanico della Lapponia. Nel palazzo non mancava neppure il gabinetto segreto di oggetti erotici che il Cardinale, alla pari di tanti altri collezionisti del tempo, salvaguardava come testimonianze: così compaiono una statuetta romana inginocchiata e abbracciata a un enorme fallo, una Venere nuda con i sandali ai piedi, satiri in bronzo.