L’Unit del 3/04/01 a pagina 23., 3 aprile 2001
«Colui che ha favorito i miei primi amori con la letteratura contemporanea è un giornalaio di nome Renato il quale ha l’edicola sotto i portici di Piazza Vittorio in Firenze
«Colui che ha favorito i miei primi amori con la letteratura contemporanea è un giornalaio di nome Renato il quale ha l’edicola sotto i portici di Piazza Vittorio in Firenze. Renato è piccolo, quasi calvo a trent’anni, gli mancano i denti davanti, ma ha gli occhi furbi e un cuore d’oro. Io ero molto giovane, ero anche molto povero, molto più di adesso, non c’è paragone; avevo in testa un basco ed ero trasandato assai; uno studente mi passava le dispense, così mi fingevo di frequentare l’università. Davo una mano a piegare i quotidiani, in compenso Renato mi permetteva di "guardare" l’Italia Letteraria, Pègaso, Solaria l’Universale; io mi mettevo appoggiato al muro di fronte all’edicola, passavo delle ore leggendo da cima a fondo quei giornali e riviste. Un giorno conobbi Elio Vittorini, mi stupì che fosse tanto giovane, che avesse in testa un basco uguale al mio e fosse anche lui malvestito. Mi prestò dei libri, per primo Bellarmino e Apollonio. Io bazzicavo tutt’altra gente, professionisti del biliardo, barbieri, filodrammatici, donne di quelle, facevo una bella vita, di vagabondo; la mia vocazione letteraria era un segreto fra Renato e me. Vittorini mi dava appuntamento dalle sette alle otto di sera al Caffè delle Giubbe Rosse, ci tornai spesso per via dei libri, mi trattenevo pochi minuti. Vittorini era sempre imbottigliato fra tavoli e sedie, in mezzo a dei signori che avevo imparato a riconoscere. Io salutavo con un gesto vago della mano, un po’ guappo, ma lo facevo per timidezza. Erano in pochi ad accorgersi del mio saluto: mi rispondeva Eugenio Montale, alzando un braccio; una volta nel salutarmi gli cadde addosso la cenere della sigaretta, si alzò per scuotersi la giacca, io gli chiesi scusa come se fosse stata davvero colpa mia; mi rispondeva Tommaso Landolfi, con un tono troppo serio che mi contrariava, diceva: "Accompagnatemi, bravo giovane"; scostava un sedia accanto a sé, io lo guardavo male. Gli amici che mi avevano seguito dalla prima sala mi chiedevano: "Merli?". "Macché merli, sono scrittori" rispondevo. "Beh, e che te ne fai?". Sospettavano di restare esclusi da un affare» (Vasco Pratolini).