Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2001  aprile 03 Martedì calendario

«Caro Montanelli, ho letto il libro di Ray Moseley sulla biografia di Ciano. Vorrei sapere se lo ha letto e cosa ne pensa dell’autore e del protagonista, che ne esce maluccio

«Caro Montanelli, ho letto il libro di Ray Moseley sulla biografia di Ciano. Vorrei sapere se lo ha letto e cosa ne pensa dell’autore e del protagonista, che ne esce maluccio. La definizione che ne dà Hitler è sintomatica: "Un ballerino da caffè viennese". Sembra che si riscatti nella seduta del Gran Consiglio del 25 luglio ’43 quando rischia di persona. Risponde al vero quello che Moseley afferma su Ciano, e cioè che era veramente un uomo corrotto, come suo padre? E perché Mussolini che poteva salvarlo della morte non lo fece?» (lettera di Pasquale Di Santo, Milano). Risposta di Montanelli: «Veniamo dunque al personaggio che più la interessa: Ciano. Io non ho letto (chi ce la fa a tener dietro a tutte queste profluvie di "rivisitazioni" del passato?) questo libro, che ora mi affretterò a procurarmi anche se senza grandi speranze, da quanto lei me ne dice, di trovarvi qualcosa di nuovo almeno per me. La definizione che di Ciano dà Hitler: "Un ballerino da caffè vienese" è forse eccessivamente negativa. Ma che fosse fatuo, leggero, e molto occupato a regolare il traffico, fra le lenzuola della sua alcova, è vero. Non è però vero che non pensasse ad altro. Dal momento in cui, brillante, ma semplice segretario d’Ambasciata, quando sposò Edda (senza dubbio un matrimonio dinastico perché suo padre Costanzo, ministro, mi pare, della Marina mercantile, era un magnate, in tutti i sensi buoni e cattivi, del regime), che gli portò in dote non quattrini (Mussolini non era, in questo senso, magnate), ma la carica di ministro della Cultura Popolare, cioè della Stampa e Propaganda, in lui si svegliò la brama del potere, fino a fargli concepire l’ambizione del Delfino avviato alla successione, che il suocero non incoraggiò, ma nemmeno scoraggiò. Qui si entra in un groviglio di rapporti di famiglia tipicamente italiani, e quindi ben diversi da quelli delle dinastie inglesi. Mussolini probabilmente non amava né stimava quel suo genero snob e farfallone. Ma amava (e temeva) Edda, che da buona "zdora" romagnola, subiva le corna del marito e in parte le ricambiava, ma andava fiera dei suoi successi. Quella che invece fin dal primo giorno odiò Ciano e subodorò in lui il traditore, fu l’altra "zdora" Rachele. Questo groviglio di sentimenti venne a galla e deflagrò quando, dopo aver contribuito col suo voto, la notte del 25 luglio, alla caduta del suocero, Ciano si nascose, poi fuggì, e dove andò con Edda a riparare? Nella casa del suocero in Baviera dove i tedeschi lo avevano portato, o meglio deportato e dove il suocero lo accolse "un po’ imbronciato, ma paternamente" (testuali parole di Edda). Non così Rachele che invece gli si avventò "come una furia" e sin da principio si schierò con gli estremisti di Salò che reclamavano il processo e la pelle del "traditore". Anni dopo, il colonnello Dollmann mi disse che nella condanna di Ciano i tedeschi non avevano influito anche se non avevano nascosto la loro simpatia per i suoi accusatori; e che era stato d’accodo con Rachele che Pavolini aveva bloccato la domanda di grazia del condannato al Duce; il quale, pur sapendo che gli era stata indirizzata, non chiese mai perché non gli era pervenuta. Ora lei, caro Di Santo, non chieda a me i perché e i percome di questa faida domestica. Io posso dirle solo due cose. La prima è che, di fronte al plotone di esecuzione, il fatuo e vanitoso condannato non si comportò da "ballerino da caffè viennese", ma seppe morire da uomo. La seconda è che la rissa scoppiata fra Edda e Rachele durò ancora degli anni e si placò soltanto quando Rachele - vecchia, sola e con pochi mezzi - ebbe anch’essa bisogno di pietà».