Francesco Battistini sul Corriere della Sera del 1/4/2001 a pagina 11; Francesco battistini sul Corriere della Sera del 2/4/2001 a pagina 15; Arturo Buzzolan su la Repubblica del 2/4/2001 a pagina 21; Ludovico Poletto su La Stampa del 3/4/2001 a pagina 10, 1 aprile 2001
Giampaolo Pesce, operaio alle fonderie Roz nella provincia di Torino, divorziato e con una figlia di otto anni, e Franco Bruno Rapelli, autotrasportatore quarantenne con moglie e figlia, sono i due rapitori della salma di Enrico Cuccia
Giampaolo Pesce, operaio alle fonderie Roz nella provincia di Torino, divorziato e con una figlia di otto anni, e Franco Bruno Rapelli, autotrasportatore quarantenne con moglie e figlia, sono i due rapitori della salma di Enrico Cuccia. Giampaolo Pesce, che in paese era soprannominato ”il Papa" perché i genitori avrebbero voluto chiamarlo Giovanni Paolo, era il telefonista e il braccio dell’operazione, mentre Franco Bruno Rapelli, noto a tutti con il soprannome di ”Crodino” a causa della sua passione per l’analcolico, era la mente. I due erano sommersi dai debiti e hanno ammesso che si sarebbero accontentati anche di molto meno dei sette miliardi chiesti come riscatto. Rapelli: «Io avevo cinquanta milioni di debiti, lui trenta. Dovevamo risolvere in qualche modo. Abbiamo pensato che fosse una buona idea trafugare la salma di un personaggio famoso, perché in fondo si trattava di portare via un morto, non un vivo». Dopo aver letto un articolo sul mensile ”Capital” su Cuccia, Rapelli decide: «era uno che aveva lavorato tutta una vita e ho ritenuto che gli eredi dovessero avere un sacco di soldi». Mercoledì 14 marzo, alle due di notte, i due trafugano la bara e la caricano sul fuoristrada della moglie di Rapelli. Pesce: «Ci eravamo informati per sapere quant’era lunga la bara di una persona piccola come Cuccia telefonando alle pompe funebri. Invece ci siamo trovati davanti un enorme sarcofago. Pesava da morire: in due si faceva una fatica pazzesca a trasportarlo. E poi nel fuoristrada di Crodino non stava tutto dentro». Coprendo la parte del feretro che sporge dal retro dell’auto con una coperta rossa, si dirigono verso la Val di Susa: «Il tratto finale è in salita e poiché temevamo che la bara scivolasse fuori dal furgone, a Mogliassi siamo arrivati in retromarcia». Dopo aver inviato una lettera di rivendicazione a un indirizzo errato, i due si mettono in contatto con Vincenzo Maranghi, amministratore delegato di Mediobanca, per trattare il riscatto e la restituzione della salma. Pesce chiama più volte sempre dalla stessa cabina telefonica «Perché era l’unica che c’era sulla strada che facevamo tutti i giorni». Quando i magistrati hanno domandato perché non si fossero presentati all’ultimo un appuntamento telefonico, Rapelli: «Ma io a quell’ora avevo da lavorare».