4 aprile 2001
Il rinforzo dell’Iri, con il regalo di aziende ricche, non è possibile anche per questa ragione: negli accordi di tre anni fa tra Unione europea e governo italiano si stabilì che il denaro per pagare i debiti andava raccolto con dismissioni
Il rinforzo dell’Iri, con il regalo di aziende ricche, non è possibile anche per questa ragione: negli accordi di tre anni fa tra Unione europea e governo italiano si stabilì che il denaro per pagare i debiti andava raccolto con dismissioni. Se non si può rafforzare l’Iri, si potrebbe allora indebolirla? Il progetto sarebbe questo: togliere all’Istituto le società Stet, Autostrade e Finmeccanica e passarle al ministero del Tesoro. Il ministero del Tesoro le venderebbe poi direttamente e magari anche a pezzi (la Stet). Il problema dell’Authoriity sarebbe rinviato a dopo la vendita. Sembra la via maestra, ma è piena di ostacoli. Come ognuno può facilmente immaginare, esistono due partiti: quello dei privatizzatori e quello degli antiprivatizzatori. Bisogna intendersi sul termine "antiprivatizzatori". Siccome non si può sostenere che le aziende pubbliche debbano essere vendute, gli antiprivatizzatori si battono perché siano vendute "in un certo modo". Questo "certo modo" è fatto di molte cose. Prima di tutto, dicono gli antiprivatizzatori, bisogna "spezzare" il meno possibile. Per esempio, la Stet possiede a sua volta una quantità di società: Telecom, Tim, Stream, Sirti, Mmp, eccetera. Si potrebbero vendere una per una e far incassare allo Stato molti miliardi in più (almeno diecimila), rispetto alla vendita della Stet tutta insieme. Ma in questo modo, sostengono gli antiprivatizzatori, non ci sarebbe più una strategia complessiva delle Telecomunicazioni. E anche il dato dei diecimila miliardi in più - aggiungono - è tutto da vedere.