Stella Cervasio su la Repubblica del 29/03/01 a pagina 29., 29 marzo 2001
Gli antichi romani affermavano che «le donne per bene non dovevano odorare di nulla» e si scagliavano contro l’usanza di profumarsi, molto in voga tra le matrone
Gli antichi romani affermavano che «le donne per bene non dovevano odorare di nulla» e si scagliavano contro l’usanza di profumarsi, molto in voga tra le matrone. I loro appelli alla modestia furono totalmente inutili e il profumo importato dalla Grecia ebbe così tanto successo che nacque persino un’etichetta, "Rhodinon", paragonabile allo Chanel odierno. Alcuni erboristi hanno provato a ricreare le essenze profumate del passato, basandosi sulle pitture che rappresentano gli amorini profumieri della Casa dei Vettii di Pompei: una sequenza mostra gli angioletti pagani che mettono i fiori sotto una pressa, macerano e mescolano, mentre una donna si annusa il polso per testare il risultato finale. La biologa e botanica Anna Maria Ciarallo ha ritrovato semi di piante carbonizzati ed è riuscita a ricostruire il giardino della Casa del Profumiere di Pompei con cespugli di mirto, rose, violacciocche, gigli e sette alberi di olivo, che servivano per produrre l’olio in cui erano messi a macerare i petali. I fiori erano colti dal topiarius, il giardiniere del tempo, e venivano trasformati in profumo dagli olearii e dagli unguentarii. Tra i profumi, lo Zafferano di Soles, il Pardalium (che si credeva estratto dalle pantere), Mala Cotonea (la mela cotogna), l’Iris di Corinto, molto di moda finché la rosa campana non lo soppiantò, l’unguento di maggiorana, usato nelle palestre come stimolante per gli atleti, il rhodinon, il profumo meno caro e più diffuso a base di rosa, l’essenza di mirto, cipresso, lentisco e melograno.