Marina Guardati su Il Mattino dell’08/04/01 a pagina 17., 8 aprile 2001
In passato, in alcuni paesi di lingua tedesca e in diverse regioni italiane, durante la messa di Pasqua il prete raccontava barzellette oscene e insultava scherzosamente i fedeli («Benvenute oche, buongiorno stoccafissi!») per indurli al riso
In passato, in alcuni paesi di lingua tedesca e in diverse regioni italiane, durante la messa di Pasqua il prete raccontava barzellette oscene e insultava scherzosamente i fedeli («Benvenute oche, buongiorno stoccafissi!») per indurli al riso. La prima testimonianza scritta del "risus pascalis" si trova in una lettera del sacerdote Ecolampadio ad Erasmo da Rotterdam del 1518: « ...si agisce così non per spiegare i misteri, ma per divertire l’uditorio con piacevolezze». Risposta di Erasmo: « ...è la cosa più vergognosa che ci sia, che nelle feste di Pasqua si provochi così il riso della gente con racconti il più delle volte osceni... sono cose improvvisamente inserite nella liturgia, piuttosto gettate addosso». Per suscitare l’ilarità, i sacerdoti disponevano di una serie di argomenti fissi: il marito succube della moglie, i calzoni del prete descritti come una reliquia, allusioni e gesti volgari. A Napoli, nel Seicento, nella Chiesa di San Giorgio Maggiore partecipavano alla messa anche le "squartase", una sorta di opera dei pupi; nella Chiesa dei Santi Apostoli l’arcivescovo si travestiva con un cappellone. Durante la processione della Croce dalle Catacombe a Porta San Gennaro, inoltre, il sacerdote accelerava il passo all’improvviso, saltellava e faceva scherzi pronunciando parole prive di senso. La Chiesa tollerava l’usanza: nel 1710, a Salisburgo, venne pubblicato con l’imprimatur vaticano un libretto del reverendo bavarese Strobl contenente quaranta sermoni seguiti da quaranta raccontini comici.