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 2001  aprile 14 Sabato calendario

Jacqueline Risset, francesista docente all’Università di Roma, a proposito di Jacques Lacan: «Era narcisista, ma era anche pieno di curiosità per gli altri, direi anche pieno di considerazione e di rispetto, e mostrava riconoscenza se qualcuno era interessato a quello che pensava e costruiva

Jacqueline Risset, francesista docente all’Università di Roma, a proposito di Jacques Lacan: «Era narcisista, ma era anche pieno di curiosità per gli altri, direi anche pieno di considerazione e di rispetto, e mostrava riconoscenza se qualcuno era interessato a quello che pensava e costruiva... Era anche un uomo solo: alla fine del suo seminario andava via, senza che nessuno osasse avvicinarlo, e credo ne soffrisse. Una volta io lo raggiunsi per dirgli grazie. Lui mi guardò sorpreso, poi mi sussurrò : "Oh, com’è gentile, nessuno me lo dice mai...". Era senz’altro un uomo molto bello, alto, dal portamento elegantissimo, così ricercato con quelle sue camicie di batista, e naturalmente il papillon... Ricordo soprattutto gli occhi chiari, verde-blu, il suo sguardo che poteva essere assente o all’improvviso scintillante. Ma non era un uomo da avventure, aveva invece rapporti molto seri, intensi. Amava molto Roma, anche per il rapporto che Freud aveva avuto con questa città. Era la mattina di Pasqua del ’75, lui era ospite dell’ambasciata francese, e decidemmo di andare a Trinità dei Monti. La nostra Mercedes partì da piazza Farnese. Roma era bellissima, e completamente vuota. Nell’aria tersa, dappertutto spuntavano le cupole delle chiese. "Elles vont gagner", disse lui: "Vinceranno"... Era questo che pensava, che la religione, a differenza della psicoanalisi, è piena di gratificazioni ed è destinata a vincere sulla penosa ricerca della verità. Quando Lacan si ammala, viene preso da una malinconia profondissima, è divorato dall’ansia della morte e della sua eredità. Ricordo gli ultimi seminari, ormai oceanici, con più di seicento persone immerse in un’atmosfera religiosa, e lui muto davanti alla lavagna a disegnare nodi borromei. Tanti registratori, e sui nastri solo il suo silenzio».