Sandro Veronesi sul Corriere della Sera del 14/04/01 a pagina 1., 14 aprile 2001
«Nell’alfabeto italiano sopravvive un’annosa, fastidiosa incongruenza, quasi leggendaria, ormai, nella propria assurdità: gli mancano cinque lettere
«Nell’alfabeto italiano sopravvive un’annosa, fastidiosa incongruenza, quasi leggendaria, ormai, nella propria assurdità: gli mancano cinque lettere. Cioè, le lettere ci sono, sono comunemente usate in parole correnti che non sono nemmeno più forestierismi; e tuttavia non ci sono, poiché l’alfabeto italiano che viene insegnato a scuola non le contempla. Sono la "J", la "K", la "W", la "X" e la "Y", e ora io ho una modesta proposta per il futuro ministro della Pubblica istruzione, di qualsiasi partito politico sia: inseriamocele. Le lettere ci sono, il loro posto nell’ordine preciso c’è, basterebbe decidersi a insegnare alla gente qual è. E c’è un unico modo per farlo, molto semplice anch’esso: inserirle nella tiritera che viene insegnata in prima elementare, e che i bambini imparano a ripetere a pappardella molto prima di imparare a leggere o a scrivere. A meno che questa ostinazione a non farlo non sia un’astuta manovra per incoraggiare lo studio dell’inglese, visto che nell’alfabeto inglese quelle cinque lettere ci sono tutte. Una settimana fa avevo bisogno di cercare sull’elenco telefonico di Torino il numero di un certo Juventus Club: e l’unico modo per trovarlo senza perdermi in rimbalzi tra la "G" e la "M" è stato perdermi nel mio passato, fino a ripescare il vecchio ei, bi, si, di, i che mi fu insegnato trentaquattro anni fa dalla dolce Piera Papi nella sua casa di via Abba, a Prato, dove un inverno l’acqua della vasca del giardino ghiacciò, e i pesci rossi ci rimasero secchi. Immobili prigionieri di quella trasparenza, per sempre morti, eppure bellissimi, quei pesci rimangono una delle cose più formidabili che abbia mai visto» (lo scrittore Sandro Veronesi).