Vanessa Cinicia, 24 aprile 2001
Gli Zabbaline, spazzini del Cairo, vivono su una collina che «degrada in mille colori: gialli, rossi, blu delle plastiche, nero delle ferraglie, e il grigio di tutto ciò che resta» e il cui odore «non riesci a levarti di dosso per giorni nonostante le docce, i deodoranti, la lavanderia»
Gli Zabbaline, spazzini del Cairo, vivono su una collina che «degrada in mille colori: gialli, rossi, blu delle plastiche, nero delle ferraglie, e il grigio di tutto ciò che resta» e il cui odore «non riesci a levarti di dosso per giorni nonostante le docce, i deodoranti, la lavanderia». I rifiuti di tutta la città vengono raccolti e portati nella discarica dove «qualcun altro aprirà il sacco, per trovare le sorprese che l’immondizia può regalare». Le donne e i bambini separano le plastiche, la carta, i metalli; gli uomini si occupano della loro trasformazione. Tutto ciò che non può essere riciclato rimane sulla collina, esposto all’aria. D’estate nella capitale egiziana crescono le malattie (dall’epatite al colera) e gli insetti (che proliferano nella spazzatura).