Giuseppe Prezzolini, ìLíItalia finisceî, Rusconi., 27 aprile 2001
"Gli stranieri che visitavano l’Italia in quel tempo l’amavano per il ”dolce far niente”. Stanchi o vecchi, in cerca di riposo, o in cerca d’amore, rifuggendo da una vita dove il tempo era danaro e spesso soltanto danaro, trovavano un paese dove il tempo non era danaro; dove gli appuntamenti si osservavano col margine di un’ora e due; dove il contrattare era un piacere inerente alla professione del vendere, e una specie di arte per l’arte
"Gli stranieri che visitavano l’Italia in quel tempo l’amavano per il ”dolce far niente”. Stanchi o vecchi, in cerca di riposo, o in cerca d’amore, rifuggendo da una vita dove il tempo era danaro e spesso soltanto danaro, trovavano un paese dove il tempo non era danaro; dove gli appuntamenti si osservavano col margine di un’ora e due; dove il contrattare era un piacere inerente alla professione del vendere, e una specie di arte per l’arte. Un paese dove gli operai lavoravano cantando; dove l’arrivo in orario di un treno era un avvenimento; dove nessuno sembrava aver premura o fretta; dove le cerimonie prima di oltrepassare una porta, al momento di congedarsi, erano infinite; dove le chiacchiere e i commenti sulla gente potevano durare delle ore; dove l’amore era intenso, i pranzi interminabili, e gli interessi umani facevano trascurare gli affari" (Giuseppe Prezzolini).