Fabio Gambaro su la Repubblica del 28/04/01 a pagina 39., 28 aprile 2001
Louis Ferdinand Céline era già famoso quando, nel ’36, conobbe Lucette Almansor. Lei ricorda: «Per Louis ciò che contava di più non era l’atto sessuale, niente più che uno choc biologico
Louis Ferdinand Céline era già famoso quando, nel ’36, conobbe Lucette Almansor. Lei ricorda: «Per Louis ciò che contava di più non era l’atto sessuale, niente più che uno choc biologico. Ciò che contava era il pensiero che ne conservava. Di solito non andava mai a letto più di una volta con la stessa donna. Da giovane il suo appetito sessuale era immenso e non pensava che a soddisfarlo. In seguito è diventato più selettivo. Cercava la perfezione e non la trovava». Lo scrittore riceveva le sue amanti nell’appartamento di Montmartre, poi raccontava tutto a Lucette: «Aveva bisogno di questi fantasmi sessuali per creare. Ha sempre amato le donne un po’ lesbiche che davano spettacolo e che lui poteva guardare per alimentare il suo immaginario». Nel ’43 Lucette e Céline si sposarono, ma fu una semplice formalità: dopo la cerimonia lui tornò subito a scrivere «senza offrire nemmeno un bicchiere agli amici». Degli anni dell’occupazione tedesca, Lucette ricorda la fame di Céline, che divorava il cibo del gatto Bébert. Nel ’44, con l’avvicinarsi degli alleati, lo scrittore (autore di alcuni pamphlet antisemiti) fu costretto a scappare con la moglie in Germania, nel castello di Sigmaringen, dove rimasero per sei mesi insieme ad altri collaborazionisti francesi. Dalla Germania i due si spostarono in Danimarca, dove vissero sotto falso nome fino a quando dei poliziotti in borghese non li arrestarono nel dicembre del ’45: «Cercammo di fuggire per i tetti con Bébert. Pensavamo fossero dei comunisti venuti ad assassinarci. Louis aveva perfino una pistola e del cianuro per uccidersi». Durante i sei mesi di carcere, lo scrittore perse venti chili di peso e fu ricoverato più volte in ospedale, mentre Lucette tentò per tre volte il suicidio. Rilasciati in attesa del processo, vissero per tre anni in una capanna sul Baltico senz’acqua né riscaldamento. Nel ’51, dopo l’amnistia, la coppia tornò in Francia per stabilirsi a Meudon: «Non avevamo un soldo e vivevamo come barboni». Per sopravvivere, Lucette, che era stata ballerina, teneva lezioni di danza e Céline provò ad esercitare come medico, continuando a scrivere tutte le notti per concludere il libro "Rigodon": «Il 30 giugno 1961 ha messo la parola fine in fondo a una pagina e ha scritto una lettera a Gaston Gallimard per domandargli un nuovo contratto. Il giorno dopo era morto».