2 maggio 2001
Ezio Forzatti, 49 anni, ingegnere nucleare insegnante in un Istituto Ipsia di Gorgonzola, aveva conosciuto la moglie Elena Moroni (46 anni, maestra elementare a Monza, nel quartiere San Donato) al liceo
Ezio Forzatti, 49 anni, ingegnere nucleare insegnante in un Istituto Ipsia di Gorgonzola, aveva conosciuto la moglie Elena Moroni (46 anni, maestra elementare a Monza, nel quartiere San Donato) al liceo. Erano sposati da quasi venticinque anni (per le nozze d’argento avevano progettato un viaggio negli Stati Uniti). Non avevano figli, lui non aveva più neanche i genitori, lei aveva il padre ed un fratello, ma non li frequentava quasi mai. Innamoratissimi e solitari, rifiutavano qualsiasi invito, anche per una cena. Nella primavera scorsa erano venuti a sapere della malattia di lei, una piastrinopenia che, curabile nel 90 per cento dei casi se presa in tempo, li aveva allarmati molto. Lei si era indebolita, a metà giugno era stata ricoverata in ospedale. Venerdì 19 ebbe tutto il giorno mal di testa poi, sabato 20, cadde in coma per un’emorragia cerebrale. Non si sa fino a che punto la situazione fosse grave, fatto sta che il marito si convinse che c’era elettroencefalogramma piatto (non si sa bene se qualcuno glielo disse o se fu un’idea sua, tutti i giornali di lunedì scorso davano per scontato questo particolare, che si è poi rivelato falso) che la moglie era senza speranza e preso dalla disperazione non riuscì a dormire tutta la notte. Domenica mattina si alzò prestissimo, alle 6.30 era già davanti all’ospedale San Gerardo, settore B, reparto rianimazione: impugnando una pistola 7,65 (che poi si è saputo essere scarica) si fece condurre nella stanza dov’era ricoverata la moglie, si chiuse dentro mentre infermieri e medico di guardia (e dopo un po’ anche poliziotti) assistevano alla scena da una porta a vetri, staccò tutte le spine dei macchinari che tenevano in vita la moglie e quando arrivò un cardiologo suo vecchio amico lo fece entrare. Ricevuta l’assicurazione che la moglie era morta, si fece arrestare dopo essersi spiegato col padre della donna: «L’ho fatto per lei, volevo che non soffrisse più».