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 2001  maggio 05 Sabato calendario

«Una sera di maggio di settant’anni fa Arturo Toscanini, giunto a Bologna per tenere un concerto in memoria del compositore Giuseppe Martucci, viene aggredito da un manipolo di fascisti

«Una sera di maggio di settant’anni fa Arturo Toscanini, giunto a Bologna per tenere un concerto in memoria del compositore Giuseppe Martucci, viene aggredito da un manipolo di fascisti. Così nel saggio "Lo schiaffo a Toscanini" Luciano Bergonzini racconta l’accaduto: "Quello che doveva essere il più autorevole gli chiese: "E’ vero che non vuoi suonare "Giovinezza"? " Toscanini rispose solo: "No, niente inni" e così cominciò il tumulto. Il Maestro non si intimorì, mandò tutti all’inferno e allora partì lo schiaffo, che lo colpì al labbro inferiore sinistro". Responsabile del gesto - secondo Montanelli e Staglieno che ne hanno tratteggiato anni fa la biografia - è stato quasi sicuramente Leo Longanesi. Toscanini, poche ore dopo l’accaduto, riassume i fatti in un telegramma diretto a Mussolini. Scrive il maestro: "Mentre con la mia famiglia mi recavo al teatro Comunale di Bologna... venni aggredito, ingiuriato e colpito ripetutamente al viso da una masnada inqualificabile... non pienamente soddisfatta di ciò la masnada ingrossata nelle sue file si recò minacciosa sotto le finestre dell’Hotel Brun, dove abitavo, emettendo ogni sorta di contumelie e minacce contro di me. Non solo: uno dei suoi capi per tramite del maestro Respighi m’ingiungeva di lasciare la città entro le sei antimeridiane non garantendo in caso contrario la mia incolumità...". Il fattaccio ha un immenso clamore e raccoglie la condanna pressoché unanime della stampa internazionale. Non solo: provoca un’ondata di simpatia, e non solo da parte delle minoranze antifasciste, verso il direttore d’orchestra. In quel maggio del 1931 presso la sua abitazione milanese giungono - secondo fonti della Pubblica Sicurezza - qualcosa come quindicimila telegrammi o attestazioni di solidarietà... Il duello a distanza procede con gli strumenti di cui dispongono: i diktat di Mussolini s’intrecciano ai rifiuti di Toscanini, già a partire dal 1922, di suonare inni di partito, o la stessa Marcia Reale, in apertura delle sue esecuzioni... Il Duce, in occasione di un incontro in Prefettura a Milano, cerca di recuperare il rapporto con Toscanini. Non ci riesce. E davanti al Maestro ("immobile e impassibile") Mussolini si trasforma nel maestro. Quello di Predappio che redarguisce quasi fosse uno scolaretto il direttore d’orchestra "per il suo pessimo comportamento"» (Oreste del Buono e Giorgio Boatti).