Tino Oldani, Panorama 29/04/1999, 29 aprile 1999
Il primo Centro di assistenza fiscale per vip lo ha allestito la Cisl a Roma. in viale Regina Margherita, al secondo piano di un palazzo rimesso a nuovo, pieno di uffici computerizzati e tirati a lucido, con addetti giovani e dall’aria sveglia
Il primo Centro di assistenza fiscale per vip lo ha allestito la Cisl a Roma. in viale Regina Margherita, al secondo piano di un palazzo rimesso a nuovo, pieno di uffici computerizzati e tirati a lucido, con addetti giovani e dall’aria sveglia. «Riceviamo tutti, vip e non, per appuntamento telefonico fino alle otto di sera dal lunedì al venerdì, più il sabato mattina» spiega con orgoglio Fiorindo Fumagalli, comasco di 57 anni, fondatore del Caf Cisl e sindacalista-manager. «Da noi, a differenza degli altri Caf, il contribuente viene una volta sola. Grazie ai nostri computer collegati per via telematica al cervellone dell’anagrafe tributaria, in non più di 20 minuti compiliamo il modello 730, facciamo i controlli del caso e rilasciamo la ricevuta. Provvediamo noi a tutto, il contribuente non deve fare più niente: a luglio, se ne ha diritto, riceverà in busta paga le imposte eventualmente pagate in più». I nomi dei clienti? «Top secret» si chiude a riccio Fumagalli. Ma, gratta gratta, si scopre che si tratta di star e di giornalisti della Rai, di manager e dirigenti privati e pubblici. «Tutta gente che non ha scelto l’assistenza fiscale della propria azienda perché, magari, non vuole far conoscere al datore di lavoro i propri affari privati. Così si fidano maggiormente di noi, della nostra discrezione». Sarà. Però il presidente nazionale dell’Ordine dei commercialisti, Francesco Serao, 55 anni, ha dichiarato guerra ai Caf, li considera «strutture che servono solo a finanziare i sindacati» e propone un referendum per abolire il compenso di 25 mila lire pagato dallo Stato. Fumagalli non si scompone: «Il modello 730 è stato introdotto nel 1993. Da allora, per sei anni, il mercato dell’assistenza fiscale è stato aperto a tutti. Ma i commercialisti non hanno fatto nulla per conquistarlo, si sono limitati al solito tran-tran. Ora, come è accaduto nel commercio, il tempo della botteguccia fiscale è finito: con i Caf, soprattutto con forti investimenti nella telematica e nella formazione del personale, abbiamo costruito i supermercati del fisco, con servizi di qualità a basso costo per una clientela di massa. Invece di lamentarsi, i commercialisti lascino perdere i 730 dei lavoratori e dei pensionati e si concentrino sulle imprese, dove lo spazio per professionisti in gamba è enorme». Non ha tutti i torti Fumagalli. Anzi, la battaglia dei commercialisti contro i Caf appare già persa in partenza: quest’anno saranno non meno di 8 milioni i contribuenti che si rivolgeranno ai centri di assistenza fiscale costituiti dai sindacati, segno indubbio di un consenso sociale elevato, che cresce ogni anno. Ciò non toglie che sui Caf aleggino domande anche inquietanti, che meritano degli approfondimenti. Quanti miliardi, privati e pubblici, girano in questi supermercati fiscali? I bilanci, se ci sono, sono trasparenti e veritieri? Quanto guadagnano le confederazioni guidate da Sergio Cofferati, Sergio D’Antoni e Pietro Larizza? E quali agevolazioni sono state concesse ai vari sindacati, in testa Cgil, Cisl e Uil, perché si inserissero con successo su un terreno delicato come il rapporto tra fisco e cittadino? Vediamo.