Angela Vettese, Il Sole-24 Ore 13/06/1999, 13 giugno 1999
«Paradossalmente proprio questo percorso, concepito come un lungo dialogo con i visitatori è destinato ad aumentare i consueti problemi di rapporto con il vasto pubblico: tutti ammiriamo un fachiro che riece a respirare anche sottoterra, come ci mostra l’opera struggente di Maurizio Cattelan; a tutti piace incollarsi davanti a immagini che scorrono, sedersi su poltroncine, guardare bolle di sapone
«Paradossalmente proprio questo percorso, concepito come un lungo dialogo con i visitatori è destinato ad aumentare i consueti problemi di rapporto con il vasto pubblico: tutti ammiriamo un fachiro che riece a respirare anche sottoterra, come ci mostra l’opera struggente di Maurizio Cattelan; a tutti piace incollarsi davanti a immagini che scorrono, sedersi su poltroncine, guardare bolle di sapone. Ma non piace quasi a nessuno, se non al circolo degli adepti, che ciò venga presentato come arte, termine al quale si ammette l’attesa di manufatti permanenti ed espressivi. Alberto Sordi potrebbe ancora girare tra le sale con l’aria di chi non capisce e si adegua assai a malincuore al fatto che l’arte, nella sua storia, abbia cambiato tante volte il suo statuto [...] Questa mostra asserisce che l’arte oggi è al culmine di una di queste transizioni. così per ogni attività dell’uomo, perché mai non dovrebbe per la più celebrata?».