Lorenzo Briani, líUnit 11/06/1999, 11 giugno 1999
Mine. Prima di andarsene i serbi hanno disseminato di mine il terreno. Gianfranco Mela, titolare di un’azienda che si occupa di bonifiche dagli esplosivi propone di rimandare almeno di qualche mese il ritorno dei profughi: «Credo sia la soluzione più intelligente, il ritorno verso casa potrebbe nascondere pericoli dietro ogni angolo»
Mine. Prima di andarsene i serbi hanno disseminato di mine il terreno. Gianfranco Mela, titolare di un’azienda che si occupa di bonifiche dagli esplosivi propone di rimandare almeno di qualche mese il ritorno dei profughi: «Credo sia la soluzione più intelligente, il ritorno verso casa potrebbe nascondere pericoli dietro ogni angolo». Lei e la sua azienda siete stati impegnati in Bosnia e Croazia, conoscete alla perfezione le modalità di sistemazione delle mine. Almeno nella zona dei Balcani. «Già, ma fra il conflitto del ’95 e quello appena concluso ci sono moltissime differenze. Una su tutte: in Croazia e Bosnia si tratta di rintracciare le mine e disattivarle. In Kosovo, invece ci sono stati bombardamenti uniti al posizionamento di ordigni». Superficie e profondità, questo intende? «Si, perché se una bomba cade da 6000 metri può arrivare anche a 6 metri di profondità nel caso non esploda. Tutto dipende dal tipo di terreno su cui arriva». [...] Alcune stime danno per certo che il 15 per cento delle bombe lanciate dagli aerei non esplode. Sono dati credibili? «Penso proprio di sì. Ed è proprio per questo che in Kosovo si avranno delle enormi difficoltà a far ritornare tutto normale [...] Eppoi, ci sarà qualcuno con il coraggio di andare a seminare i campi con il timore di poter perdere un arto per colpa di una mina? No, i profughi per adesso è meglio che restino dove sono».