Barbara Frandino, la Repubblica 19/07/1999, 19 luglio 1999
Numerose le aziende che come premio ai dirigenti modello regalano viaggi incentive d’avventura invece che denaro
Numerose le aziende che come premio ai dirigenti modello regalano viaggi incentive d’avventura invece che denaro. Obiettivo: dare nuove motivazioni, aiutare a vincere la noia da ufficio, far crescere lo spirito di squadra. Alla Lee Jeans Italia dicono che «qualche milione non cambia la vita a chi ne guadagna già cento o duecento in un anno, mentre un finto naufragio, un volo in assenza di gravità, un corso di sopravvivenza nel deserto sono esperienze da raccontare ai nipoti». Claudio Fattin, responsabile del settore sport e tempo libero della Francorosso Alpitur: «La forza di questi incentivi è che si tratta di viaggi unici, studiati su misura, quasi a livello sartoriale. Viaggi che nessun privato, nemmeno uno con una barca di soldi da spendere, troverà mai su un catalogo delle vacanze». Vanity Fair Italia, il gruppo che gestisce Lee e Wrangler, ha mandato un gruppo di suoi dipendenti a guidare i caccia militari nei cieli russi e a settembre li spedirà tra gli indiani d’America (vivranno insieme agli Hopi e ai Navajo dell’Arizona e del New Mexico). Il gruppo dirigente della Omnitel e alcuni agenti di vendita hanno fatto una gara di kart nel Sahara dormendo in tende in mezzo al deserto. La Henkel ha organizzato una gara di rafting a Villeneuve, in Valle d’Aosta. La Fiorucci salami ha partecipato a un corso di sopravvivenza in Marocco. Una famosa ditta di cosmetici sta organizzando per i suoi dipendenti una visita nella città sotterranea della setta esoterica di Damanhur. Domenico De Masi, sociologo: «Questo tipo di iniziative serve a motivare sempre di più una visione competitiva e distruttiva della vita. La maggior parte dei manager è impegnata ventiquattro ore su ventiquattro con la propria azienda. Vive in funzione del lavoro, il suo universo inizia e finisce con il lavoro, va in spiaggia col telefonino e passa il tempo a chiamare l’ufficio per sapere se tutto va bene e per confermare a se stesso che nulla può andare bene senza di lui. Queste sferzate di apparente estrosità, che i consulenti della formazione chiamano viaggi incentive, servono soltanto a inchiodare sempre di più i lavoratori alla realtà onnivora dell’azienda».