Fabrizio Ravelli, la Repubblica 03/11/1999, 3 novembre 1999
Il progetto educativo del San Carlo non prevede esclusioni («Non di censo, e nemmeno confessionali: qui ci sono confuciani, ebrei, islamici, agnostici»), e nello stesso tempo pratica la selezione
Il progetto educativo del San Carlo non prevede esclusioni («Non di censo, e nemmeno confessionali: qui ci sono confuciani, ebrei, islamici, agnostici»), e nello stesso tempo pratica la selezione. Don Aldo la chiama «strategia aziendale»: «La strategia aziendale è: promozione dell’eccellenza, e recupero alla sufficienza. Se in una classe da venti ho gente brava, a volte stacco quelli meno bravi». Succede così, per ora solo nelle lezioni di inglese ma fra poco anche nelle altre: si selezionano tre livelli, che vengono seguiti separatamente da tre insegnanti diversi. Beati gli ultimi, in prospettiva, ma che i primi possano correre più veloci. «Ci possiamo permettere un’attenzione personalizzata: con 45 iscritti a una quarta ginnasio, io faccio tre sezioni». Don Aldo, che ha insegnato 18 anni nelle scuole statali e per vent’anni è stato parroco di periferia [...] dice: «La vera parità scolastica sarebbe questa: che il figlio di un idraulico possa studiare al San Carlo, o che la scuola statale possa avere questi standard [...]». «Se non è ancora possibile, è per colpa dell’appiattimento e della svendita che i sindacati hanno fatto della classe docente. E del centralismo burocratico, che deve mettere ostacoli dappertutto. Queste sono le due cose che asfissiano la scuola pubblica italiana. Che impediscono di premiare e motivare i docenti in gamba». E lei i suoi docenti come li tratta? «Intanto li prendo che abbiano esperienza, o un dottorato di ricerca. Poi chiedo fedeltà all’azienda, al progetto educativo. Ferma restando la competenza: meglio uno competente e meno in linea, che il contrario». E se non funzionano? «Ah, intanto io gli sto appresso e li faccio morire. Poi, quando capita un fannullone, se non posso licenziarlo almeno lo metto in disparte». Privato buono e pubblico cattivo comunque? «Assolutamente no. Se ci fosse una vera parità, molte scuole nostre andrebbero a picco insieme a molte statali. Io sono favorevole ad una authority esterna, che valuti la serietà delle scuole. E poi si vede dove sta il meglio. Perché, mi dica lei, vogliamo davvero avere un sistema-Paese con una classe dirigente adeguata? E allora rimuoviamo tutti gli ostacoli. Facciamo selezione, spendiamo meglio i nostri soldi. Io stimo il ministro Berlinguer: ha un coraggio da leone. Ma quando poi è costretto a fare imbarcate di insegnanti precari...».