Francesco Merlo, Corriere della Sera 10/11/1999, 10 novembre 1999
In questa logica, il capo del personale della Zanussi, il manager Maurizio Castro, ha firmato con i sindacati metalmeccanici un accordo aziendale che prevede per il lavoratore extracomunitario la possibilità di ”mettere da parte” le ferie e i permessi personali sino a cinquanta giorni retribuiti e spenderli tutti in una volta, ogni due anni, per ritornare in patria
In questa logica, il capo del personale della Zanussi, il manager Maurizio Castro, ha firmato con i sindacati metalmeccanici un accordo aziendale che prevede per il lavoratore extracomunitario la possibilità di ”mettere da parte” le ferie e i permessi personali sino a cinquanta giorni retribuiti e spenderli tutti in una volta, ogni due anni, per ritornare in patria. Giustamente i sindacati di Cgil, Cisl e Uil hanno salutato il patto sulle «ferie lunghe» come una vittoria di civiltà del mondo del lavoro, e i rappresentanti della fabbrica parlano di una cultura aziendale della solidarietà che previene il conflitto sociale e migliora la vita di chi ha famiglia a migliaia di chilometri. E invece per Rifondazione quelli della Zanussi sono «gente senza scrupoli» e i sindacati «poveri superficiali». E si scagliano anche contro il salario d’ingresso, vale a dire quella cifra inizialmente più bassa che, prevista dalla legge, ha permesso di fare nuove assunzioni: «Il salario d’ingresso - sta scritto nel volantino comunista - ha creato i presupposti per l’assunzione degli extracomunitari. Evidentemente in una zona come la nostra ad elevata occupazione, non hanno più trovato lavoratori locali nelle quantità necessarie disponibili a lavorare per un milione e 300 mila al mese. Ora con il nuovo accordo è stato aggiunto un ulteriore tassello alla discriminazione...». La classe operaia insomma deve essere omogenea: nei salari, nelle ferie, nel bianco della pelle.