Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2001  maggio 16 Mercoledì calendario

«All’inizio di questo secolo, Kafka ripeté la storia di Esiodo, quando disse come aveva composto "Il verdetto"

«All’inizio di questo secolo, Kafka ripeté la storia di Esiodo, quando disse come aveva composto "Il verdetto". Scrisse tutta la notte, senza interrompersi mai, senza dormire. Se si fosse fermato un istante, se si fosse spostato o avesse aperto un libro o se si fosse distratto, avrebbe bloccato l’accesso alla verità taciuta. Scrivere non era altro che questo flusso inarrestabile: aveva la qualità illimitata, indefinita e ininterrotta dell’acqua e insieme sembrava una navigazione sopra l’acqua. Afferrato alla scrivania come a uno scoglio o a un sepolcro, egli non poteva alzare la mano dal foglio, perché altrimenti il racconto avrebbe perso lo slancio, l’impeto, l’andamento naturale e continuo - la magica fluidità del respiro che aveva tanto desiderato. Era sicuro che da qualche parte c’era un "potere supremo", che si serviva della sua mano. Non importava chi fosse: se le Muse, o un dio sconosciuto, o i demoni, o l’inconscio, o il respiro della bestia che lo possedeva, o gli archetipi, o il linguaggio, o la fascinazione o il mare di tenebre nascosto in lui. Certo, era un soffio: un’onda dell’Oceano, come dicevano le Muse. Egli doveva obbedire: seguire i loro cenni; e trasformare la propria vita, la propria mente e il proprio corpo in uno strumento "chiaramente elaborato" per secernere letteratura. Omero aggiungeva che le Muse ci piantano i canti nell’animo, come un contadino pianta in terra un albero o un filare di vite: l’ispirazione poetica è una crescita e una maturazione naturale» (Pietro Citati).