La Stampa dellí11/05/01 a pagina 29., 11 maggio 2001
Spesso gli autori si sono rivolti ai loro editori sollecitandoli nei pagamenti e nei contratti: Gianni Rodari scriveva a Einaudi lettere garbate e spiritose, dove racconta dei suoi figli in attesa di vacanza; Primo Levi si faceva avanti cautamente; Pavese scrisse al conte Grillo: «Se le dicessi perché non vengo a trovarla, riderebbe
Spesso gli autori si sono rivolti ai loro editori sollecitandoli nei pagamenti e nei contratti: Gianni Rodari scriveva a Einaudi lettere garbate e spiritose, dove racconta dei suoi figli in attesa di vacanza; Primo Levi si faceva avanti cautamente; Pavese scrisse al conte Grillo: «Se le dicessi perché non vengo a trovarla, riderebbe. Il caro Einaudi non ha un soldo per me e vivo di carità sororale». Una volta, lo stesso Pavese andò dall’editore con un biglietto con cui minacciava di mettersi in ferie polemiche insieme a Natalia Ginzburg; Einaudi rimandò il biglietto con una postilla: «Vengo con voi». Beppe Fenoglio si fece avanti chiedendo un anticipo su ”La malora” per cambiare macchina da scrivere. Salgari era un vero disperato, mentre Gabriele D’Annunzio tempestava di richieste l’editore Treves per poter mantenere il suo tenore di vita. Molto munifici, invece, furono Garzanti con Gadda e Mondadori con Stefano D’Arrigo, che fu stipendiato per venti anni affinché completasse ”Orcynus Orca”.