Essad Bey (Leo Noussimbaum), Líepopea del petrolio, R. Bemporad & Figlio Editori, Firenze 1937., 18 maggio 2001
Nei pozzi non lavoravano solo azeri, daghestani e persiani, ma anche russi, tutti operai qualificati
Nei pozzi non lavoravano solo azeri, daghestani e persiani, ma anche russi, tutti operai qualificati. Se gli altri lo facevano per bisogno del denaro necessario a comprare una moglie, costoro invece erano felici di restare celibi. «Un uomo ammogliato difatti non trovava impiego. Quando un russo prendeva moglie era licenziato dal petroliere patriarcale il quale ragionava nel modo seguente: donne e bambini giocherebbero e farebbero da cucina vicino ai pozzi; in queste condizioni un incendio potrebbe scoppiare con la più grande facilità. [...] Nonostante le spese elevate, i pozzi non erano rischiarati che con l’elettricità ed in tutta la regione era proibito, pena gravi sanzioni, di fumare una sigaretta. [...] Gli operai qualificati erano malcontenti. Certo che confrontata con quella degli indigeni la loro esistenza era un paradiso. Abitavano case confortevoli; disponevano di ospedali; non dovevano scendere nei pozzi saturi di gas deleteri; lavoravano in officine igieniche ed avevano un salario sufficente per soddisfare tutti i loro bisogni. Ma, malgrado tutto, erano malcontenti».