Jean-Jacques Cornish, The Star - Johannesburg 7/1998, 18 maggio 2001
L’85
per cento dei ricavi petroliferi nigeriani finisce in mano a membri del governo: il sistema della corruzione faceva capo al defunto presidente. Quando nel 1993 succedette a Ibrahim Babangida, Sani Abacha fondò cinque società petrolifere: teneva per sé i ricavi di una di esse, divideva quelli di altre tre con l’uomo d’affari libanese Gilbert Chagoury, concedeva all’ex presidente Babangida quelli dell’ultima. Dopo aver chiuso le quattro raffinerie che alimentavano i consumi interni, Abacha si diede ad importare petrolio tramite le sue società (4,4 milioni di tonnellate di petrolio raffinato importate nel 1994-95, benzine di qualità scadente dannose per la salute e i macchinari) trattenendo per sé il 90 per cento delle commissioni. Pretendendo inoltre prezzi maggiorati del 6 per cento riuscì a guadagnare più di 800 mila dollari sul carico di ogni petroliera (incassava circa 10 milioni di dollari ogni quindici giorni). Le somme in dollari venivano poi trasformate dall’affarista libanese in naira (la valuta nigeriana) acquistate al mercato nero e usate per comprare dollari al tasso ufficiale realizzando guadagni del 400 per cento.