Carlo Mercuri, Il Messaggero 29/04/1999, 29 aprile 1999
Monsignore, si può esercitare l’amore in guerra? «Sì, ma non è facilmente riconoscibile. Mi spiego, un militare che va a soccorrere i profughi è un evidente esempio di carità
Monsignore, si può esercitare l’amore in guerra? «Sì, ma non è facilmente riconoscibile. Mi spiego, un militare che va a soccorrere i profughi è un evidente esempio di carità. Un militare che va a sminare i campi minati perché civili non vi inciampino è un esempio un po’ meno appariscente di carità. Un esempio ancora più nascosto di carità è quello del soldato che, armato fino ai denti, pattuglia le strade di Sarajevo perché le diverse fazioni non riprendano a uccidersi. Anche questa è carità. E poi c’è la carità dell’ultimo tipo, quella più difficile da interpretare». Quale è, monsignore, l’ultimo tipo di carità? « la carità del pilota che va a bombardare. Lui si porta dentro la sofferenza, bombarda e sa che, oltre alla fabbrica di armi, può colpire vite umane. Uccidere. il dramma del cristiano». E bombardare è carità? «Io dico che accogliere i profughi e i deportati è carità. Ma far sì che non ci siano profughi e deportati è ancor più grande carità. In altre parole, la guerra è sempre ingiusta, ma delle volte è l’unico modo per fermare ingiustizie ancora più gravi» (Monsignor Giuseppe Mani, ordinario militare per l’Italia).