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 2001  maggio 22 Martedì calendario

Il ruolo di Blair. «Il primo ministro britannico è diventato un cavaliere templare della realtà virtuale che applica nei Balcani meridionali la sua personale versione della moralità stile Guerre Stellari

Il ruolo di Blair. «Il primo ministro britannico è diventato un cavaliere templare della realtà virtuale che applica nei Balcani meridionali la sua personale versione della moralità stile Guerre Stellari. Mentre la cosa non sconvolge più di tanto il pubblico britannico, essa si fa sempre più preoccupante per gli amici e gli alleati all’interno della Nato. Parafrasando il duca di Wellington quando passava in rassegna le truppe nella sua campagna della guerra peninsulare ”non faranno paura al nemico, ma di certo fanno paura a me”. [...] La posizione del primo ministro britannico sulla guerra in Jugoslavia è presto detta. Blair e i suoi sostenitori hanno sempre considerato necessaria una qualche forma di campagna militare di terra, offensiva o benevola, per riportare a casa entro l’inverno un numero significativo degli oltre un milione di profughi kosovari. In parte si tratta di uno slancio, di una convinzione personale. In parte dei consigli strategici militari forniti dagli alti comandanti britannici. [...] E dunque, perché riguardo al Kosovo Tony Blair ha scelto una linea tanto precipitosa, rischiosa e, in defintiva, tendente alla spaccatura? In primo luogo è una questione di convinzione personale. Egli ha visitato personalmente i campi profughi in Albania e in Macedonia in due occasioni distinte. In maniche di camicia si è seduto a gambe incrociate nelle tende dei rifugiati di Pristina e di Pec e ha promesso loro che ”saranno aiutati a tornare a casa entro l’inverno”. curioso che, proprio in questa epoca di supremo cinismo della politica, egli ne sia davvero convinto. In questo Blair è completamente diverso dal suo amico Bill Clinton, le cui dichiarazioni sul Kosovo sanno di astuzia leguleia. La retorica e le chiacchiere davanti al fuoco di Clinton sono piene delle clausole ”liberatorie” delle polizze vendute porta a porta. [...] Bill Clinton, al pari di Slobodan Milosevic, conosce il gioco della sopravvivenza. Tony Blair, invece, crede in ciò che dice, e sa che questo potrebbe mandarlo a picco insieme al partito, al governo, all’elettorato. Lo spettro della crisi di Suez del 1956, che fece naufragare il primo ministro Anthony Eden, non è lontano. Molta parte della determinazione di Blair deriva dalla religione. Lui è anglicano e la moglie Cheri è una cattolica praticante. Blair è esponente di spicco di un nuovo genere di socialismo cristiano. Ma la moglie, avvocatessa d’alto bordo di livello internazionale, lo ha accompagnato nella visita ai campi profughi in Macedonia. Si è commossa fino alle lacrime, cosa che nel mondo del Nuovo Laburismo non va assolutamente nascosta [...] Il socialismo cristiano di Blair è diventato il Vangelo del Nuovo Laburismo. Esso è emerso prepotentemente con la morte della principessa Diana, ”la principessa del popolo”. [...] Malgrado gli sforzi improntati ai metodi della modernità e della postmodernità sussiste un che del controllo, del tormento spirituale, e del dominio politico caratteristico del tentativo operato da Olivier Cromwell di governare la ribelle Gran Bretagna repubblicana del XVII secolo. Nel suo socialismo cristiano c’è molto poco di nuovo. Il primo Partito Laburista aveva solide radici nel movimento metodista dei pastori protestanti John e Charles Wesley. In effetti Blair è un esempio della famosa massima secondo cui ”il Partito Laburista deve più al metodismo che a Marx”. Con la crisi del Kosovo, la leadership è costretta ad affrontare un problema chiave per il quale è possibile che egli si senta spiritualmente, ma non per questo politicamente, preparato».