Eliana di Caro, Ventiquattro n. 4/2000, 25 maggio 2001
«Duecentoventi ore. Tante ne occorrono per fare un violino. Si sega il legno, lo si piega dandogli la curvatura desiderata, lo si raschia fino a ottenere le arcature e le bombature esatte, si intagliano le ”effe” di risonanza, e poi si controllano spessori ed equilibri, si modellano i bordi, si curano le rifiniture con le lime, le sgorbie e gli altri ferri del mestiere
«Duecentoventi ore. Tante ne occorrono per fare un violino. Si sega il legno, lo si piega dandogli la curvatura desiderata, lo si raschia fino a ottenere le arcature e le bombature esatte, si intagliano le ”effe” di risonanza, e poi si controllano spessori ed equilibri, si modellano i bordi, si curano le rifiniture con le lime, le sgorbie e gli altri ferri del mestiere. Una volta assemblati i vari pezzi, lo strumento deve asciugare prima di essere verniciato. Ben venticinque mani di colore, a base di sostanze rigorosamente naturali, proteggono i violini dall’umidità e dal deterioramento del tempo, garantendo un suono pulito anche a distanza di anni. Tutte le fasi di questo lavoro sono esclusivamente manuali, non c’è nulla di tecnologico, di standardizzato. Ogni strumento è diverso dagli altri, ha la propria personalità, come un figlio» (Francesco Bissolotti, liutaio a Cremona).