Franco Debenedetti, Panorama 19/10/2000, 19 ottobre 2000
Secondo Jeffrey Frankel, ricercatore a Harvard, la globalizzazione non è un fenomeno nuovo e irreversibile, è lungi dall’essere completa ed è probabile che invece di minacciare favorisca equità sociale, sicurezza sul lavoro, rispetto dell’ambiente
Secondo Jeffrey Frankel, ricercatore a Harvard, la globalizzazione non è un fenomeno nuovo e irreversibile, è lungi dall’essere completa ed è probabile che invece di minacciare favorisca equità sociale, sicurezza sul lavoro, rispetto dell’ambiente. Non è un fenomeno nuovo perché, come scriveva John Maynard Keynes, prima del ’14 un abitante di Londra standosene a letto poteva ordinare i prodotti e investire le proprie ricchezze in ogni angolo del globo. Si calcola infatti che all’inizio del secolo scorso il mondo era globalizzato circa quanto oggi. Svariati fatti dimostrano che il livello raggiunto è insoddisfacente. Per esempio, i titoli delle aziende italiane sono sovrarappresentati nei portafogli d’investimento nostrani, le ex colonie continuano ad avere rapporti di scambio più intensi tra loro che con gli altri stati, eccetera. Questo perché ci sono dei fattori (culturali, politici) che alterano i rapporti commerciali. Ultimo punto: equità sociale, rispetto per l’ambiente e diritti umani. Sono beni che le società comprano non appena sono abbastanza ricche da poterselo permettere. Ma se ci fosse (come in un modello perfetto di globalizzazione) indifferenza tra il commercio estero e quello interno il volume degli scambi sarebbe sei volte maggiore. Quindi (per effetto di un’equazione che nessuno mette in dubbio) aumenterebbe anche la ricchezza.