Pietro Citati su la Repubblica del 31/05/01 a pagina 1., 31 maggio 2001
«Quando scriviamo, la gioia di esprimerci sembra più pura: cogliamo un pensiero, afferriamo un’immagine - e cerchiamo di fermarli per sempre - netti, definitivi
«Quando scriviamo, la gioia di esprimerci sembra più pura: cogliamo un pensiero, afferriamo un’immagine - e cerchiamo di fermarli per sempre - netti, definitivi. Sappiamo bene che la gioia maggiore non è nella precisione: ma nella voce lontana che parla in noi, nel remoto vento che ci trascina, giungendo da chissà dove, e ci obbliga a dire cose che non sapevamo. Quando parliamo, questa voce è meno forte, ma non è spenta. Se siamo con amici, o anche con persone estranee che vogliamo divertire e affascinare la voce si risveglia, e all’improvviso diciamo cose che ignoravamo, gorghi di immagini felici vengono alla luce, accecanti intrighi sintattici ci attraversano, e scopriamo pensieri che non avevamo mai pensato. Qualcuno ha detto che la conversazione è soltanto un esercizio superficiale. Non è vero: perché nei momenti di vera ebbrezza dialogica, le parole escono dalla profondità, prorompono dalle tenebre, esattamente come nella letteratura. Allora, diceva Barbey d’Aurevilly, "l’angelo della conversazione ci prende per i capelli come un profeta"».