o. l. r. su la Repubblica del 02/06/01 a pagina 20., 2 giugno 2001
Il corpo di papa Giovanni XXIII non fu sottoposto a una vera imbalsamazione. Il professor Gennaro Goglia ha rivelato che la notte del 3 giugno 1963 mise in pratica un «metodo di conservazione studiato a Losanna insieme al professor Winkler», iniettando nelle vene del pontefice dieci litri di un liquido speciale realizzato nell’istituto di anatomia: «Issammo il bidone con il liquido su un trespolo, praticammo un piccolo taglio nel polso destro e infilammo l’ago
Il corpo di papa Giovanni XXIII non fu sottoposto a una vera imbalsamazione. Il professor Gennaro Goglia ha rivelato che la notte del 3 giugno 1963 mise in pratica un «metodo di conservazione studiato a Losanna insieme al professor Winkler», iniettando nelle vene del pontefice dieci litri di un liquido speciale realizzato nell’istituto di anatomia: «Issammo il bidone con il liquido su un trespolo, praticammo un piccolo taglio nel polso destro e infilammo l’ago. Avevo paura che uscisse il sangue, che il liquido potesse provocare rotture nella pelle. Pensavo con terrore che avremmo potuto gettare il sangue di un papa che era già considerato un santo. Ma tutto procedette bene: alle cinque del mattino del 4 giugno l’operazione era finita. Il liquido aveva raggiunto ogni capillare, bloccando il processo degenerativo».