Giancarlo Perna, Amica 14/2/2001, 14 febbraio 2001
«Perdona Signore se non ho creduto nella tua esistenza. Tuttavia ho vissuto gli ultimi 60 anni della mia vita centenaria all’insegna dei buoni sentimenti
«Perdona Signore se non ho creduto nella tua esistenza. Tuttavia ho vissuto gli ultimi 60 anni della mia vita centenaria all’insegna dei buoni sentimenti... L’inferno mi sembra troppo. Dite tutti così. Ma rammenta come eri ieri nei tuoi primi 40 anni. Un brutto ceffo e me ne pento. Davo certe rasoiate con i miei articoli! Inchiodasti il povero Craxi. Dei socialisti facevi di ogni erba un fascio. Ci fu quel perfido titolo su ”Cuore”... com’era? Scatta l’ora legale: panico tra i socialisti. Orribile. Divino, te lo dico io. Ti piacque? Strepitoso. Fu quello che mi aspettavo da te. Per cose così ti avevo creato... Mai sentito parlare della parabola dei talenti? Quella dei tre servitori cui il padrone affidò un gruzzolo ciascuno? Al suo ritorno, due glielo restituirono moltiplicato e furono premiati... Il terzo invece fu cacciato perché aveva nascosto i talenti sotto terra, senza farli fruttare. Aveva preferito una timida sicurezza a una coraggiosa intraprendenza. Esattamente come hai fatto tu. Che c’entro io? Ti donai il bernoccolo della satira, lo barattasti con la più trita rispettabilità. Dovevi semplicemente divertire, hai voluto essere un maître-à-penser. Ti sei lasciato travolgere dalla vanità e hai sermoneggiato come Scalfari e Bobbio. Hai dato il cordoglio ai lettori che prima rasserenavi. Li feci riflettere. Li facevi sbadigliare. Un delitto contro natura: questo furono i tuoi pagatissimi articoli su ”Repubblica”. Né il tuo cambio di pelle è estraneo all’agonia de ”l’Unità”. Ce n’è abbastanza per sbatterti all’inferno» (Giancarlo Perna)