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 2001  marzo 15 Giovedì calendario

Caro ingegner De Nardo, anch’io avrei fatto recapitare a un mio figlio, in carcere, qualche maglietta pulita e un paio di libri perché potesse continuare negli studi

Caro ingegner De Nardo, anch’io avrei fatto recapitare a un mio figlio, in carcere, qualche maglietta pulita e un paio di libri perché potesse continuare negli studi. Anch’io, perfino contro l’evidenza, mi convincerei della sua innocenza. Gli dedicherei, come farà lei, il resto della mia vita, anche se mi avesse tolto quella di sua madre e di suo fratello. Mi permetto infatti di scriverle, caro ingegnere, da padre a padre. Come milioni d’italiani, ho due figli di età non lontana dai suoi. Come milioni d’italiani, mi sono chiesto se quello che è capitato alla sua famiglia poteva capitare alla mia. E adesso credo di non essere il solo a sentirmi curiosamente in debito con lei. Perché da quel che leggo intuisco che lei è stato un padre e un marito migliore di tanti di noi e non si capisce perché il destino abbia scelto la sua casa per farne il teatro di una vicenda che da due settimane, ormai, lascia senza sonno tanta parte d’Italia. Quando accadono tragedie come questa, ciascun marito e ciascun padre si trasforma in investigatore. I De Nardo hanno certamente sbagliato, ci siamo detti subito per metterci al riparo da ogni imbarazzante similitudine, in una famiglia normale non possono accadere quelle cose lì. E invece passando al microscopio la vostra vita, ingegnere, con l’impietosa, devastante attenzione che ogni grande fatto di cronaca si porta dietro, abbiamo visto che non c’era niente a casa De Nardo che potesse farci sentire diversi. Anzi. Lei viene da una modesta famiglia del Sud. S’è fatto da solo, ha cominciato a lavorare in Pernigotti a un livello più basso di quello che le avrebbe consentito una laurea brillante, è arrivato al massimo della carriera che poteva svolgere a Novi dirigendo lo stabilimento della casa dolciaria. Avrebbe potuto trasferirsi a Milano, con altre e più ambiziose prospettive. Non l’ha fatto. Ha voluto restare in una piccola città dove non manca niente, tutto è a portata di mano, si può dedicare più tempo alla famiglia, i ragazzi sono più protetti. Quanti di noi hanno avuto il coraggio di fare la stessa scelta, segando l’albero delle proprie ambizioni? Quanti hanno ascoltato le immancabili preghiere dei figli piccoli: papà, non andiamo via, qui abbiamo i nostri amici, il nostro mondo? Al contrario di tanti, lei li ha ascoltati. E nonostante la piccola città conceda a chi lavora spazi maggiori per la vita privata, sua moglie aveva smesso di lavorare per fare la mamma. Cosa avreste dovuto fare di più? Adesso che i padri vengono ammazzati perché un po’ troppo ossessivi nel pretendere buoni risultati scolastici dai figli, a voi non si poteva rimproverare nemmeno questo. Gianluca aveva la colpa di essere un primo della classe. Un fratellino insopportabile? E invece siamo rimasti sconvolti leggendo il tema che ha dedicato alla sorella: nemmeno un innamorato lo avrebbe scritto. La ragazza andava meno bene. Capita a tutti. Che fanno in questi casi i genitori assennati? Invece di romperle inutilmente la testa per farle completare un liceo scientifico troppo difficile, la iscrivono in un istituto tecnico più semplice e più protettivo. Voi vi siete regolati allo stesso modo. Ho letto che al ritorno da una breve gita alla quale Erika non aveva voluto partecipare, avete trovato la casa sconvolta e danneggiata dagli amici di vostra figlia che vi avevano tenuto una festicciola. capitato anche a me e a tanti altri. Quei ragazzi non sono più entrati in casa mia. La stessa cosa ha chiesto lei. Abbiamo sbagliato? Lei e sua moglie non amavate Omar, il ragazzo di vostra figlia. Non credo perché fosse di una classe sociale diversa, ma perché, a torto o a ragione, non vi piaceva il suo giro. In quante famiglie accade la stessa cosa? Accade spesso che situazioni del genere procurino forti conflitti familiari e che talvolta ci scappi perfino il delitto. La risposta giusta sarebbe allora la totale, partecipe, entusiasta condivisione anche di una scelta che giudichiamo profondamente sbagliata? Capisco che ci si debba inchinare di fronte a un matrimonio o comunque a una unione definitiva, anche se non la approviamo. Ma dobbiamo tacere sempre e comunque anche dinanzi a uno sbandamento giovanile? In tutti gli aspetti principali della vita familiare, ingegnere, lei si è comportato come molti di noi hanno fatto o avrebbero dovuto fare. Eppure, la sua casa s’è macchiata di sangue nelle circostanze più orribili. Perché? Se lei si sta comportando come si comporta, l’analisi della sua vita e dei comportamenti di Erika non le hanno lasciato una sola macchia di incertezza. Perciò vuole vedere sua figlia. Vuole che riprenda lo studio, non perda l’anno, come se Susy e Gianluca fossero morti in un incidente stradale ed Erika vi fosse rimasta ferita e avesse cominciato una lunga convalescenza. Per andare avanti, ingegnere, lei deve rimuovere quel che è accaduto quella sera. Noi, che non abbiamo pagato nulla, non possiamo farlo. Dobbiamo prendere atto che per prendere il diploma di padre dovremo studiare più a lungo. Lei ha portato a Erika i libri giusti per non perdere l’anno. Noi non sappiamo da dove cominciare. Bruno Vespa